chiudi

Presentato al pubblico e alla stampa il 20 maggio scorso, il volume di Renzo Manetti Le Madonne del Parto. Icone templari (Polistampa, pag.40, 7 euro) ha destato interesse e clamore

FIRENZEaise - Presentato al pubblico e alla stampa il 20 maggio scorso, il volume di Renzo Manetti Le Madonne del Parto. Icone templari (Polistampa, pag.40, 7 euro) ha destato interesse e clamore già prima della sua distribuzione in libreria (vedi AISE del 29 marzo 2005 h.17.23). Dopo l’intervento di Giovanni Alpigiano, parroco della chiesa di San Francesco di Paola a Firenze, pubblicato dall’Aise (vedi AISE del 31 maggio 2005 h.18.18), è giunta l’immediata replica dell’architetto Renzo Manetti che, riportiamo qui di seguito.

"Devo ringraziare il parroco di San Francesco di Paola che, a proposito del mio libro Le Madonne del Parto, mi fornisce notizie interessanti per dipanare il mistero che avvolge la Madonna che è nella sua chiesa. Come storico cerco infatti solo la verità e non ho tesi precostituite. Tuttavia i documenti che egli cita non modificano il quadro a sostegno della mia tesi, che cioè nell’area fiorentina esistessero nel corso del XIV secolo una o più comunità che si rifacevano idealmente alla spiritualità dell’Ordine del Tempio, soppresso nel 1312, perciò costrette a celarsi, e che la Madonne del Parto fossero icone di queste comunità nascoste.

Gli indizi che ho portato nel libro sono inconfutabili. Ne riassumo i principali:
- cosa ne era stato dei templari dispersi e delle loro confraternite laiche? È inverosimile ritenere che nessuno di loro abbia cercato nuove forme di aggregazione, che proseguissero in silenzio l’eredità del Tempio;
- i Girolamini edificarono il loro monastero nel cuore degli antichi possedimenti templari e lo intitolarono a Santa Maria del Sepolcro, dimostrando così la volontà di ricollegarsi simbolicamente al Tempio soppresso;
- il monastero sorse all’inizio dove oggi è la chiesa di San Francesco di Paola. Sbaglia il parroco a dire che non è mai esistito. È attestato da numerose fonti storiche di sicura attendibilità;
- sul terreno che i padri di San Francesco di Paola ricevettero alla fine del XVI secolo si trovavano ancora edifici riferibili al monastero scomparso, contrariamente a quanto sostiene il parroco, citati nell’atto di donazione;
- i Girolamini ebbero il sostegno finanziario delle più importanti famiglie fiorentine, esponenti di quella cultura che aveva strenuamente difeso i Templari, a partire da Dante, Villani, Boccaccio. Proseguendo la strada tracciata dal padre Robert John, dimostrerò nel prossimo libro la prossimità di quest’ambiente all’ordine templare;
- Boccaccio stesso lasciò parte dei propri beni in eredità al monastero dei Girolamini. Il nostro parroco definisce "ghiotta" la notizia, così confermandola ed indirettamente facendomi un complimento, certo involontario;
- lo stesso Boccaccio aveva scritto un’appassionata difesa dei templari, definendoli "i nostri eroi";
- la provenienza della Madonna di San Francesco di Paola ha poca importanza ai fini della mia tesi: sia che fosse già stata lì, sia che venisse dalla scomparsa chiesa in borgo San Jacopo come sosteneva il precedente parroco, o dal monastero di San Donato in Polverosa come si legge sul cartello posto dalla Soprintendenza davanti alla chiesa, sia che fosse stata trasportata dalla chiesa di San Pier Maggiore come indicherebbero i documenti citati dal parroco, non cambia le cose. Questa icona è riferibile al mondo simbolico e mistico di Dante, Petrarca, Boccaccio e di coloro che Dante definì "fedeli d’amore". Se dunque i documenti del parroco sono veri, e non ho motivo di dubitarne, ne concludo che per una rara confluenza di correnti spirituali l’icona ha raggiunto infine la casa che le era destinata. Sarebbe allora da indagare con attenzione quale fosse l’ambiente culturale dei Federighi, che acquistarono il convento soppresso dei Padri di San Francesco di Paola e che avrebbero lì trasportato l’affresco;
- le Madonne del Parto, compresa quella di San Francesco di Paola, compaiono nell’area pratese e fiorentina, quella per intendersi delle stesse famiglie che sostenevano ed aiutavano i Girolamini, subito dopo la soppressione dei templari e proprio negli stessi anni in cui appare questo nuovo ordine di cui, come ammette il parroco, "poco si conosce". Un ordine nuovo, misterioso, al quale non si comprende perché Boccaccio fosse strettamente legato, se non si ammette un comune riferimento ai "fedeli d’amore";
- si tratta di un periodo in cui le confraternite laiche riferibili ai templari erano oggetto di persecuzione, soggette all’accusa di eresia come l’ordine del Tempio da cui dipendevano;
- ogni icona della Madonna, come il parroco ammette, è simbolo della Chiesa e dunque in senso lato di ogni comunità di credenti, che accoglie in sé il Verbo - Sapienza. Le Madonne del Parto sembrano perciò indicare una comunità che è costretta a mantenere segreta la propria Sapienza, cioè la propria identità, come dovette effettivamente avvenire delle comunità che ancora raccoglievano e trasmettevano l’eredità del Tempio, negli anni della repressione. Questo non vuol dire che queste icone siano sinonimo di eresia, come sembra temere il buon parroco, ma che rappresentino anzi la parte teologicamente all’avanguardia della Chiesa, che ieri come oggi è sempre costretta a difendersi dalle accuse dei settori più timorosi ed ignoranti. Si tratta di quel "resto di Israele", per usare un’espressione biblica, di quella linfa mistica, che rinnova nei secoli questa grande istituzione, riconducendola sempre nell’alveo della tradizione apostolica dalla quale le cose del mondo tendono a distaccarla.

Questi sono dunque alcuni degli indizi che ho portato nel mio libro. Ma non sono i soli, altri ne ho raccolti. Li pubblicherò in autunno, delineando un quadro capace, mi auguro, di convincere anche il buon parroco di San Francesco di Paola. Lo ringrazio dunque ancora del suo intervento, pur non essendo del tutto certo che l’articolo sia interamente farina del suo sacco: quando lo contattai nel corso del mio lavoro, dei documenti che oggi cita infatti non sapeva nulla. Non posso tuttavia ringraziarlo dell’offesa ingiustificata e gratuita di essere stato paragonato a Dan Brown ed il mio lavoro al suo Codice da Vinci: da quell’ambiente mi separa un abisso invalicabile. Ma cristianamente perdono e porgo l’altra guancia". (aise)
Data recensione: 08/06/2005
Testata Giornalistica: AISE
Autore: ––