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La chiesa fu voluta dal vescovo Ildebrando agli inizi dell’XI secolo, prendendo forma in tre fasi

È quello di San Miniato al Monte che domina la città. L’arte e il simbolismo che connotano il monumento sono raccolti in un elegante libro, pubblicato da Polistampa, nel quale Francesco Gurrieri, Renzo Manetti, Graziella Coi e Carlo Alberto Garzonio ci fanno viitare la chiesa partendo dlla policromia che domina la facciata: scomparti geometrici in marmo apuano bianco e verde di Prato, il celebre serpentino del Monte FerratoLa chiesa fu voluta dal vescovo Ildebrando agli inizi dell’XI secolo, prendendo forma in tre fasi importanti:dal 1070 al 1093 la costruzione delle navate laterali e del coro (il muro e la cripta, collocabile tra il 1011 e il 1068 si possono identificare con la costruzione avviata da Ildebrando tra il 1014 e il 1018);dal 11028 al 1150 nascono il colonnato, i muri della navata centrale e del secondo ordine della facciata;dal 1175 al 1027 ecco la realizzazione del frontone e del pavimento della navata principale dove è incisa la data 1207, quale anno della conclusione dei lavori e quale anno convenzionale a cui si fa risalire la fondazione della grande basilica. Un aspetto – ampiamente trattato nel volume- riguarda il simbolismo cosmico che contrassegna altri edifici sacri dell’epoca. Come spiega Francesco Gurrieri «l’aquila e la splendida facciata policroma hanno alle spalle l’Oriente e guardano verso la città con un ineludibile senso metaforico [...] riassumendo il significato di potenza e di vittoria, ma anche di superbia e di capacità di rigenerazione». Ecco perché la facciata è considerata «uno dei capolavori assoluti dell’umanità, testimonianza del principio di continuità creativa capace di portare a sintesi e, nel contempo, di liberarsi da ogni classificazione stilistico-cronologica». Ancora Gurrieri scrive che «l’esistenza di un luogo di culto, forse una basilica paleocristiana su questo colle, fosse attestata addirittura da una donazione dell’imperatore Carlo Magno dell’anno 783 (o 786) seguita da un’altra donazione dell’imperatore Lamberto nel 789 e infine da una terza donazione di Ottone II che, nel 971, prende sotto la sua protezione la comunità delle monache di clausura che lì si era insediata». «Intramontabile sintesi fra Oriente e Occidente – conclude Francesco Gurrieri-, la facciata di san Miniato al Monte, pur appartenendo al policromismo architettonico decoratico, cui vanno associati il Battistero fiorentino e la Badia Fiesolana, ha una sostanziale compiutezza che ne marca la primazia fra tutte». Secondo la leggenda Miniato, primo evangelizzatore e martire fiorentino, dopo esser stato decapitato raccolse la sua testa e morì dove sorge la basilica a lui dedicata. «Forse anche a cause di questa leggenda, la basilica conserva per molti fiorentini il fascino di un luogo misterioso e, apparentemente, inaccessibile», nota Matteo Renzi nelle pagine di introduzione al catalogo. Mentre l’architetto Renzo Manetti sottolinea che «tutto il programma simbolico di San Miniato ci dice questo: siamo veramente all’interno di una porta celeste. C’è un ingresso in una dimensione che è sia materiale che spirituale, che è la dimensione del tempio di Gerusalemme. Infatti voi vedete qui alla porta della facciata una scritta che dice in latino Haec est porta coeli ed è posta, non come ci aspetteremo nella porta centrale, ma su quella di sinistra rivolta ad oriente, perché sulla porta di sinistra Ezechiele ebbe una visione del tempio di Dio, il tempio di Gerusalemme, e ci ha detto che la gloria dell’eterno entrava a prendere possesso del suo tempio nella porta posta a Oriente. La porta d’Oriente è riservata solo a Dio e non agli uomini». Pietro Ruschi, storico dell’arte aggiunge: «La facciata di San Miniato al Monte rappresenta uno dei capolavori del policromismo, in particolare fiorentino; è collegato direttamente a quello del Battistero di San Giovanni, ma qui si compone in modo unico tutto un vasto rapporto con gli altri esempi del policromismo non solo fiorentino, ma anche toscano, in particolare con il Duomo di Pisa». Vediamo brevemente qualche dettaglio artistico: probabilmente iniziata nel 1090, le parti superiori risalgono almeno al XII secolo, finanziate dall’Arte di Calimala (corporazione dei mercanti di lana), responsabili del mantenimento della chiesa dal 1288 (l’aquila che corona la facciata ne è il simbolo). Il mosaico di Cristo fra la Vergine e San Miniato fu composto nel 1260, mentre il campanile, crollato nel 1499, fu sostituito nel 1523 ed è rimasto incompiuto; durante l’assedio di Firenze del 1530 fu usato per l’artiglieria della città e fu fatto proteggere dal fuoco nemico da Michelangelo con dei materassi! L’interno della chiesa è considerato inusuale, con il coro rialzato su una piattaforma sopra la grande cripta, mutato di poco dalla prima costruzione dell’edificio. La cripta, la zona più antica della chiesa, è sormontata dall’altare maggiore che- si suppone- contenga le ossa di San Miniato (sebbene ci sia prova che queste fossero già state portate a Metz prima che la chiesa fosse costruita). Le volte sono decorate da affreschi di Taddeo Gaddi. Il coro rialzato ed il presbiterio contengono uno dei più bei pulpiti romanici, del 1207; il catino dell’abside è decorato da un grande mosaico del 1297, con lo stesso motivo di quello della facciata e probabilmente dello stesso anonimo artista. Il crocifisso che domina l’altare maggiore è attribuito a Luca della Robbia. La sacrestia è decorata da un grande ciclo di affreschi sulla Vita di San Benedetto di Spinello Aretino (1387). la Cappella del Cardinale del Portogallo nella navata sinistra fu probabilmente costruita nel 1473 in memoria del Cardinale Giacomo di Lusitania, che morì come ambasciatore del suo paese a Firenze nel 1459; la sua è l’unica tomba all’interno del tempio. Adiacenti alla chiesa ci sono il monastero, documentato fin dall’origine della chiesa, anche se solo nel 1426 l’Arte di Calimala decise il rifacimento dell’edificio con la decorazione pittorica, che vide impegnato principalmente Paolo Uccello, documentato nel Refettorio nuovo e responsabile per gli affreschi del chiostro con le storie dei Santi Padri. Le straordinarie pitture furono poi imbiancate, e riportate alla luce, con le rispettive sinopie, solo nel nostro secolo. A fianco del chiostro, fu costruito nel 1295 dal vescovo Andrea de’Mozzi l’arcivescovado fortificato, destinato a residenza estiva dei vescovi fiorentini, passato poi al monastero nel 1337 ed in seguito usato anche come scuderia ed ospedale. Dopo esser stato trasformato in fortezza, ospedale ed ospizio, il convento accoglie dal 1924 i Benedettini Olivetani; radicalmente restaurato l’intero complesso è circondato da mura difensive, originariamente costruite in maniera frettolosa da Michelangelo durante un assedio e modificate dalla costruzione di una vera fortezza nel 1553 sotto Cosimo I. Le mura oggi racchiudono il cimitero delle Porte Sante; l’idea di un luogo di sepolture vicino a San Miniato nacque intorno alò 1837 e del progetto venne incaricato Mariano Falciani, che utilizzò l’area della fortezza cinquecentesca che si stendeva intorno alla chiesa. Oltre a numerose testimonianze architettoniche di gusto neogotico, il cimitero accoglie le salme di illustri personaggi tra cui ricordiamo Carlo Collodi, Giovanni Papini, Vasco Pratolini e Giovanni Spadolini. La storia, l’arte, il simbolismo della basilica di San Miniato al Monte
La storia, l’arte, il simbolismo della basilica di San Miniato al Monte sono esaurientemente trattati nel volume edito da Polistampa – che ce ne ha fatto gradito e cortese omaggio- ricordando l’omonima mostra allestita nel giugno scorso e la giornata di studio sulla basilica. Il libro, riccamente illustrato con fotografie a colori, immagini trattate da carte d’epoca e rilievi dell’edificio (prospetti e sezioni), dedica molto spazio al tema della policromia che caratterizza la facciata a scomparti geometrici, con il paramento marmoreo bianco, esempio del legame tra l’architettura romanica toscana e l’Oriente (la policromia era un motivo ricorrente nell’Islam medievale). Altro tema ampiamente trattato è poi quello del simbolismo cosmico, una caratteristica comune a molti altri edifici sacri dell’epoca:ogni elemento dell’opera risponde a precisi rapporti numerici e a regole geometriche definite. Importante il contributo sull’Iconologia, le Regole dell’armonia: come molti altri edifici medievali anche San Miniato obbedisce ad una regola geometrica e al rispetto nel progetto di proporzioni armoniche. San Miniato
San Miniato fu il primo martire della città, forse un mercante greco o un principe armeno in pellegrinaggio a Roma. Si racconta che, intorno al 250, arrivato a Firenze, iniziò la vita di eremita e fu decapitato durante le persecuzioni anticristiane di Decio, andandosene poi dal luogo dell’esecuzione con la sua testa in mano e arrivando dall’altra parte dell’Arno sul luogo del suo eremitaggio e dell’attuale basilica, sul Mons Fiorentinus. In seguito, su questo luogo, fu eretto un santuario e, nell’VIII secolo, una cappella; il monastero benedettino annesso passò all’ordine di Cluny e nel 1373 agli Olivetani, che lo abitano tutt’oggi offrendo la produzione di liquori, miele e tisane, disponibili in un negozio adiacente alla chiesa.
Data recensione: 01/08/2007
Testata Giornalistica: Il Consulente Re
Autore: Cristina Borzacchini