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In Te Signore sempre
la mia dimora sia.
Nella lentezza sapiente
del seme che fiorisce.
Distante dalle grida
dei mercanti del tempio
lontana da ogni

In Te Signore sempre
la mia dimora sia.
Nella lentezza sapiente
del seme che fiorisce.
Distante dalle grida
dei mercanti del tempio
lontana da ogni palco.
Nella semplicità
del passero che canta.
O tace per lodarti.Ali di luna si conclude con Preghiera. L’ultima poesia del volumetto dà senso e concretezza al discorso che Massimo Corsinovi va sviluppando da qualche tempo e segna tanti aspetti del suo itinerario poetico-spirituale così denso, così sostanzioso. Un Corsinovi felice e straordinario avvia al nobile esercizio della preghiera. Ali di luna è una preghiera che il poeta - e col poeta il lettore: potenza dell’arte! - eleva a Dio dal silenzio e dal cuore profondo delle creature. Il paesaggio, colto in espressioni delicatissime e quasi non percepibili, sprigiona un fascino che avvince e trascina.
Il silenzio fonte di poesia? Silenzio e parola non vivono un rapporto dialettico. Silenzio e parola nella ricerca di Corsinovi sono infinita armonia. Si potrebbe dire che il silenzio è il luogo in cui la parola germina e matura. I versi - pochi versi una lirica, più liriche un poema o un racconto o un canto - mettono il lettore di fronte a una realtà serena e illuminante: non è dato conoscere - pare - nelle sue varie fasi il cammino che il poeta percorre con fatica e tormentata coerenza verso l’approdo al lido delle certezze e della verità. Ma occorre porgere attenzione su tale percorso, anche ricorrendo alle pagine dal Corsinovi fin qui pubblicate - ricordiamo le pagine limpide e significative de Il grido e la grazia - per poter fruire del dono, e della bellezza di tale dono, che è la poesia di questo cantore dello spirito.
Il silenzio che diventa parola. La parola che diventa silenzio. In un contesto fatto di profondità e di mistero si coglie l’uomo nella sua essenza, l’uomo che scopre in se stesso il divino, il cielo, la virtù, la gioia, la presenza di Dio. E nel linguaggio in cui viene captato il Mistero, un linguaggio fatto di tenerezza, di palpiti, di tensione si intuisce la presenza di Rebora. L’umanesimo di Corsinovi è contemplazione, è teologia. Il “racconto” prende inizio e si illumina col ricordo dell’ultima carezza del padre. E si frammenta e si ricompone nel magma di memorie, di pensieri, d’immagini - pitture vive -, di parole che scendono nelle profondità dell’anima. Un poema di sentimenti, di affetti, un canto che celebra la comunione familiare, immagine della comunione umano-divina a cui lo spirito anela e da cui trae forza e slancio. La scrittura del Corsinovi - e la sua particolare struttura, che si scioglie per le pagine portando a serena armonia momenti e stati d’animo delicatissimi - è soltanto sua, obbedisce a una poetica che non ha riscontri nella storia della poesia contemporanea, nonostante apparenti somiglianze fatte di infinite sfumature. Si può dire di Corsinovi quel che Ferdinando Castelli dice di Paul Verlaine, che è eccelso, se «l’autenticità di un poeta è data dalla capacità di esprimersi in versi semplici e chiari». Occorre aggiungere che in Corsinovi quei versi “chiari” sono un’esplosione di luce, di bellezza, di natura, di paesaggi - di paesaggi, appunto, lunari -, di alberi, di boschi. Il lettore ne è invaso piacevolmente e sospinto in un mondo che è fede e bellezza. E si eleva a Dio, si abbandona a lui, ristora le sue forze, riprende con fiducia il cammino lungo le contrade del mondo, lungo i sentieri della vita. O non è piuttosto Rebora, l’amato Rebora, a suggerire un modulo interpretativo dell’anima poetica e religiosa di Corsinovi? Il Rebora così scriveva nell’ottobre 1955: «La poesia è un miele che il poeta, / in casta cera e cella di rinuncia, / per sè si fa e pei fratelli in via; / e senza tregua l’armonia annuncia». Si badi: per sè e pei fratelli. Il poeta - il poeta (sia detto senza enfasi) cristiano - annunzia pace e serenità, cieli nuovi, valori che non muoiono. La poesia di Corsinovi è un dono ai fratelli. Non c’è poesia se non si è in armonia con sè, col prossimo, col mondo. Se non si è in comunione con Dio. E si può dire della poesia di Corsinovi quanto il Corsinovi, che ha la percezione nitida delle anime elette, dice di Rebora, poeta e sacerdote, poeta immerso nella spiritualità rosminiana: «... è la sofferta trascrizione della propria vicenda spirituale». E, come Rebora - si può dire con Mario Luzi -, scava più di una volta «un cammino risolutivo nella coscienza» dei lettori. Un itinerario nelle vicissitudini complicate del nostro tempo. Un viaggio fatto di intelligenza. E di cuore, di fremiti, di affetti: il ricordo del padre intriso di tenerezza, il colloquio sereno e struggente con gli affetti più cari (il babbo, la mamma, la nonna, Paola, Andrea, Chiara...). Una comunione di affetti che trova adeguata espressione nei versi de Il Presepe: «La neve era farina / lo specchio un grande lago / tra statue e borraccina. // Con mio padre e mia madre / vivevo il mio presepe. // Torna, a volte, l’incanto». Il presepe come momento sublime di elevazione. Una famiglia intorno al presepe. Piccola chiesa umana in contemplazione incantata del Mistero che libera e dona gioia. E Luzi parla di innocenza e di purezza (p. 9). E Sbaffoni parla di una poetica - sempre citando Luzi - «che nasce e si fonda su un’esperienza personale, radicale, vitale, quasi somatizzata» (p. 12).
Quando la scrittura nasce da un mondo interiore e lo esprime con tanta profondità la poesia e la spiritualità toccano vette elevate. Si esce dall’umano e si entra nell’umano autentico, fatto di anelito a Dio, soffuso di preghiera. E le sofferenze si traducono in gioia.
Data recensione: 01/01/2007
Testata Giornalistica: Rivista di ascetica e mistica
Autore: Francesco Pistoia