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La seconda Guerra Mondiale non è ancora cominciata: è il 28 dicembre 1938. Il Ministero dell’Africa Italiana, insieme alla Reale Accademia d’Italia, decide di promuovere una

Dopo quasi settant’anni è stato pubblicato il diario (del ’38-’39) della spedizione etiope a cui partecipò il giovane assistente dell’antropologo Cipriani. Sono vari i passi in cui lo studioso lascia da parte il rigore per descrivere con grande sensibilità le meraviglie e l’umanità che incontra Firenze, 13 marzo 2006 - La seconda Guerra Mondiale non è ancora cominciata: è il 28 dicembre 1938. Il Ministero dell’Africa Italiana, insieme alla Reale Accademia d’Italia, decide di promuovere una spedizione antropologica a largo raggio in Etiopia, da Massaua a Mogadiscio. Lo scopo è quello di colmare le lacune di conoscenza riguardo le numerose ’razze’ facenti parte dell’allora impero coloniale voluto dal duce. Era a capo della missione Lidio Cipriani, noto antropologo e direttore del Museo antropologico di Firenze (nella foto, il palazzo non finito di via del Proconsolo, dove il museo, fondato nel 1869, ha sede). Il suo giovane assistente, appena laureato, era Giuseppe Cei: prese parte alla spedizione alla spedizione come ufficiale di complemento del Reale Esercito. Tra il 28 dicembre 1938 al 26 aprile 1939 il giovane scienziato tenne uno scrupoloso diario di fatti, osservazioni e impressioni. Dopo tanti anni il figlio Marcos Cei ha curato e pubblicato le pagine del padre per i tipi dell’editore fiorentino Polistampa. ’Faccetta nera e la regina di Saba’ è il titolo (136 pagine, 12 euro). Il libro è un reportage dall’evidente valore scientifico (per via delle misure antropometriche effettuate sui diversi ceppi etnici), ma anche di indiscutibile importanza dal punto di vista storico: il diario si inserisce ovviamente nel panorama della politica espansionista di quel periodo. Gli studi antropologici ed etnografici commissionati, infatti, avevano il fine di analizzare i tratti razziali - somatici e psicologici - delle popolazioni locali, tema senza dubbio delicato per le sue implicazioni con teorie allora in auge. Pochi mesi prima, il 14 luglio 1938, era stato pubblicato il ’Manifesto della razza’ sul ’Giornale d’Italia. Ma ciò che viene fuori da questo libro di Giuseppe Cei è soprattutto la spontaneità del suo autore, specie in certi passi. Scriveva ad esempio il 19 febbraio 1939: "I nobili Busase sfoggiano rituali diademi di penne di grandi uccelli, vesti di cotone e pelli di leone conciate. Il loro Dio è il Cielo (Jero): ogni anno, in un monte sacro, scannano un bue e ne versano in terra il sangue, per fecondarla. In tale circostanza esibiscono i loro diademi [...]. Osservandoli bene, si riconoscono realmente tracce di caratteri propri dei pigmei di foresta: forma della mascella, naso semitrilobo, statura, ecc. Li sottomettiamo alle misure antropometriche: sono molto timidi e sudano dalla paura". E, due giorni dopo: "Al tramonto, contro il cielo rosa-violaceo, sulle rive del rosso Baro dai riflessi di madreperla, rotto dalle basse lingue di sabbia popolate di pigri, scuri coccodrilli, magnifico e indimenticabile è lo spettacolo delle nudità delle giovani Jambo dai seni sodi, le anche strette e le snelle gambe modellate, chine sull’acqua, lavandosi e battendo gioiosamente la spuma, tergendosi con cura, caprioleggiando e provocando con ingenua primitività i loro maschi e, perchè no, per curiosità s’intende, i viaggiatori bianchi".
Data recensione: 13/03/2007
Testata Giornalistica: QN
Autore: ––