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Finire rinchiusi in una camerata della Risiera di San Sabba, sentire le invocazioni di aiuto degli altri prigionieri, subire violenze fisiche e psicologiche, essere testimone della fucilazione dei propri compagni

DANTE FANGARESI E IL SUO LIBRO ODISSEANel ’44 fu rinchiuso per dieci settimane a San Sabba da dove fuggì fortunosamenteFinire rinchiusi in una camerata della Risiera di San Sabba, sentire le invocazioni di aiuto degli altri prigionieri, subire violenze fisiche e psicologiche, essere testimone della fucilazione dei propri compagni e, a poco a poco, mettendo insieme alcuni indizi, come l’arrivo di un camion carico di cadaveri e il fumo prodotto ogni giorno dalla ciminiera.
Rendersi infine conto di essere capitati in un luogo dell’orrore, dal quale solo con la fuga ci si può salvare. Così è stato per Dante Fungaresi, che in modo avventuroso e fortunato, è riuscito a lasciare per sempre le mura della vecchia pileria per tornare a Milano, sua città d’origine. Questo succedeva nel luglio del 1944.
Tanti anni dopo Fangaresi, intrapresa nel frattempo la professione di ingegnere, sentiva il bisogno di lasciare una testimonianza di quei due mesi e mezzo passati nel campo di detenzione e polizia di San Sabba, tristemente famoso per essere stato l’unico in Italia dove funzionasse un forno crematorio.
Nasceva così il libro “Dieci settimane a San Sabba”, che Fangaresi ha presentato qualche sera fa ai soci del Rotary Club Trieste nel corso di una riunione conviviale.
Davanti ai soci rotariani, Fangaresi ha rievocato le vicende che lo portarono a varcare il cancello della Risiera. Classe ’23, Fangaresi era dunque un giovane che, al momento della costituzione della repubblica di Mussolini, era soggetto alla chiamata alle armi per la Repubblica Sociale.
Messo di fronte, come tanti altri ventenni di allora, ad una tragica scelta, Fangaresi scelse la via della clandestinità, ed entrò a far parte dei cosiddetti “battaglioni patrioti Davide”.
Si trattava di una formazione partigiana di circa trecento uomini che operava nei pressi di Torino, composta in parte da ex militari e comandata da un ex sergente dell’esercito dal nome di battaglia di “Davide”.In realtà la loro posizione era particolare, non cercavano contatti con il più ampio movimento di Resistenza, ma facevano parte a sè, tentando di mantenere un’impossibile e assurda neutralità, stringendo una specie di tregua armata con i tedeschi. Questi ultimi li tollerarono, fino a quando non decisero di spostarli nell’isontino, dove, nella primavera del ’44, vennero disarmati e fatti prigionieri.
Rinchiusi nella Risiera, il loro numero si ridusse di molto a causa delle decimazioni volute dal comandante di San Sabba, Wirth.
I sopravvissuti dovettero assoggettarsi a un ruolo di collaborazione con i nazisti, che li impiegarono in servizi di guardia esterna alla Risiera; una situazione angosciosa, dalla quale Fangaresi riuscì a uscire definitivamente e fortunosamente anche grazie all’aiuto di una ragazza triestina.
Sul libro di Fangaresi, ha ricordato l’autore, hanno scritto tra gli altri gli storici Marco Coslovich e Giampaolo Valdevit, e Manlio Cecovini, che lo ha definito “un libro documento più affidabile di molti altri scritti sull’argomento”.
Data recensione: 27/01/1996
Testata Giornalistica: Il Piccolo di Trieste
Autore: ––