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Come usava un tempo, Sergio di Battista è un giornalista “tuttofare”, o “tuttologo”. Chi faceva questo “mestiere” mezzo secolo fa, si occupava un po’ di tutto, e finiva per sapere un po’ di tutto: un giorno il direttore lo spediva ad un

Come usava un tempo, Sergio di Battista è un giornalista “tuttofare”, o “tuttologo”. Chi faceva questo “mestiere” mezzo secolo fa, si occupava un po’ di tutto, e finiva per sapere un po’ di tutto: un giorno il direttore lo spediva ad un processo, oppure ad una mostra, a un matrimonio di “vip”, quando non gli capitava di andare in un posto dove la terra si era messa a tremare. Così se un giornalista di questo tipo capitava, diciamo in un salotto, dove si trovavano medici, avvocati, astronomi, agricoltori, magari rabdomanti, era l’unico che poteva mettere bocca su tutto perché – sia pure in superficie – sapeva di medicina, di legge, di astronomia ecc. Era anche un tipo che non si meravigliava di nulla, perché un giorno sì e un giorno sì, gli capitava di raccontare alle gente quello che sarebbe stato il loro futuro, il loro modo di vivere, di vestirsi, di trascorrere i fine settimana. Per più di mezzo secolo Sergio di Battista ha scritto sui giornali, specialmente a Roma (caporedattore centrale di “Paese Sera”) e a Firenze (caporedattore centrale de “La Nazione”), ha fatto il cronista, il commentatore, l’inviato, dunque come si diceva, un “tuttofare”; però, come tutti noi, ha avuto, ed ha, un “pallino”, che nel suo caso è costituito dal pallone. Tanto è vero che i suoi esordi sono stati al “Corriere dello sport”, tanto è vero che ha scritto non si sa quanti libri e quanti articoli sul calcio, tanto è vero che ogni tanto lo si vede in qualche campetto con i pantaloncini, mentre tenta di imitare Baggio o Antognoni. Abbiamo preferito raccontare tutto questo, anziché recensire l’ultimo suo libro La partita della vita: tutti i mondiali di calcio: piaceri, misteri, leggende ... che è meglio leggere, pagina per pagina, perché nello schifo di questa “calciopoli”, nella vergogna di parti fasulle e i arbitri venduti (un tempo, grazie a Dio erano solo “cornuti”, però in senso figurato e potevano uscire dagli stadi a testa alta) finalmente si racconta, e si prova nostalgia, di un calcio pulito, quando i calciatori si battevano per la gloria, e quando – partecipando alla finale dei mondiali – non giocavano una semplice partita di pallone, ma la “partita della vita”. Ha fatto bene di Battista a scrivere questo libro, perché con il ricordo del calcio pulito, ci risolleva il morale, ci restituisce l’amore per lo sport più bello del mondo, e ci fa sperare che l’onorevole e avvincente passato torni ad essere il nostro presente.
Data recensione: 01/07/2006
Testata Giornalistica: Toscana Qui
Autore: Maria Novella Batini