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Storicizzare per svelare «il carattere non fisso delle presunte separatezze e contrapposizioni» (p. 9): con quest’intento di fondo Patrizia Guarnieri ha curato il numero monografico di

Storicizzare per svelare «il carattere non fisso delle presunte separatezze e contrapposizioni» (p. 9): con quest’intento di fondo Patrizia Guarnieri ha curato il numero monografico di Medicina e storia dedicato a Bambini e salute in Europa 1750-2000, che presenta un quadro ricco e originale di percorsi, spazi, motivi che fanno dell’infanzia un oggetto di ricerca denso di spunti e interessi. I sette saggi raccolti riescono a evitare le molte facili riduzioni binarie, frequenti nell’analisi sull’assistenza a bambini, bambine e madri - sociale/biologico, maschile/femminile, soggettivo/oggettivo, privato/pubblico, premura materna/trattamento medico - perchè prestano un’attenzione peculiare al merito concreto delle relazioni che circondano l’infanzia. Queste sono avvicinate attraverso studi di caso o riflessioni di più ampio respiro sulla storiografia, strade diverse ma accumunate dal tentativo di restituire i caratteri del processo per il quale l’infanzia, e soprattutto la sua salute e il suo benessere, sono diventati oggetto di attenzione, sapere, investimento molteplice. Di questa prospettiva è parte integrante un secondo fine rilevante che i saggi perseguono: restituire all’infanzia quale oggetto d’indagine la sua completezza, occupandosene anche prima di quell’età scolare che finora è stata il prevalente terminus a quo a partire dal quale bambine e bambini hanno trovato spazio nelle riflessioni storiografiche. Così le pagine della rivista mostrano come nel corso degli ultimi due secoli attorno all’infanzia le presenze si siano moltiplicate: non più solo la madre, soggetto storico della cura e della pre-occupazione, ma anche padri curiosi e premurosi, educatori e politici attenti agli equilibri biopolitici, scienziati, psicanalisti, medici interessati a capire e conoscere. È il caso, ad esempio, dell’intervento di Egle Becchi, che apre la sezione saggi, dedicato alle origini della puericultura intercettate attraverso l’interrelazione tra nuove paternità e corpi infantili. L’autrice dà conto dell’attenzione ricca di speranze, idee, curiosità, affetti, premure, che cinque padri di estrazione sociale medio-alta, tra metà settecento e primi decenni del secolo successivo, hanno dedicato ai propri figli piccoli, lasciandone testimonianza scritta in diari, lettere, resoconti. Proprio la stessa traduzione su pagina di questi atteggiamenti testimonia di un cambiamento significativo: di quanto gli spunti d’una pedagogie des lumierès - che da Tissot a Rousseau aveva identificato l’infanzia quale oggetto di cura e attenzione sensibile - abbiano contribuito a formare una concezione del corpo infantile fondata nella sua somaticità come qualcosa di comprensibile, conoscibile, capace di generare affetti proprio a partire dall’esperienza empirica e sensibile della relazione parentale all’interno dell’intimità domestica. In questa stessa prospettiva trovano la loro radice remota i carnet de santé esaminati da Cathérine Rollet, che nel suo saggio offre una panoramica di lungo periodo su tempi, modi e motivi per i quali i paesi europei hanno adottato questo strumento di politica sanitaria. Rollet presenta dati e informazioni originali e di prima mano su diversi modelli adottati in Europa, sottolineando come nella stessa scelta dei carnets si siano sedimentate e espresse preoccupazioni di salute pubblica e progettualità differenti, già insite nella duplice natura del carnetstesso: mezzo di controllo e verifica anamnestica sull’infanzia, e strumento pedagogico di formazione dei genitori ai modi di guardare e pre-occuparsi della salute dei propri figli. In quest’ottica Rollet identifica un percorso generale che trasforma il carnet da strumento informativo in tramite di empowerment degli stessi genitori, che in relazione ai cambiamenti dei sistemi di welfare diventano sempre più soggetto centrale della cura, anche sanitaria, dell’infanzia. Sul terreno dell’attenzione istituzionale si muove anche il saggio di Patrizia Guarnieri, incentrato sulla riforma sanitaria del brefotrofio degli Innocenti di Firenze tra il 1890 e il 1925. Con fonti archivistiche ricche, benchè, come sottolineato, finora ampiamente inesplorate, Guarnieri restituisce la fitta trama dell’esperienza dell’istituzione assistenziale fiorentina, che comprova quanto una presa in carico articolata, concreta, ed efficace della cura e dell’assistenza ai bambini fosse già attiva sul finire del secolo. Si tratta di un dato significativo che offre modo a Guarnieri di criticare e problematizzare molti dei più consolidati topoi della storia dell’assistenza all’infanzia: dall’idea che in Italia questa storia inizi con il 1925 e la nascita dell’Opera Nazionale della Maternità e Infanzia, alle persistenze stereotipe di un’irriducibile conflittualità tra il presunto istinto naturale della maternità e un interventismo medico egemonizzante, autoreferenziale e patologizzante dell’infanzia. La fase a cavallo tra i due secoli acquisisce complessità e rilevanza storiografica anche nei due saggi che seguono. Nel primo Anna Davin si occupa della salute dell’infanzia povera nella Londra di primo novecento, momento e luogo in cui il problema delle misere condizioni di salute e vita di larga parte dell’infanzia delle fasce sociali più deboli comincia a imporsi all’attenzione di istituzioni e opinione pubblica, grazie soprattutto al ruolo delle ispezioni mediche nelle scuole. L’autrice mostra come la risposta a questa crescente consapevolezza, anche dopo la vittoria liberale del 1905, si sia limitata alla critica dei comportamenti dei genitori, ritardando l’azione sui fattori sociali, economici e ambientali. La scuola quale spazio di attivo intervento sulla salute dell’infanzia è al centro anche del saggio di Ning de Cominck-Smith, dedicato al movimento delle scuole all’aperto della Copenhagen tra il 1905 e il 1908. Con fonti diverse - riviste mediche e pedagogiche, letteratura coeva, archivi comunali - esaminate in una dimensione comparativa, l’autrice affronta una storia ancora trascurata, legata alle esperienze analoghe e di più successo di Fancia e Germania. L’idea di una scuola all’aperto ne esce quale prodotto da un lato di una avanzata istituzionalizzazione delle politiche di igiene sanitaria, e dall’altro come espressione di sperimentazioni e innovazioni pedagogiche. Con il saggio di Alessandra Gissi entra i gioco la dimensione precoce dell’assistenza e cura dell’infanzia, attraverso un’analisi dedicata alle levatrici e al controllo delle nascite nell’Europa tra l’inizio del novecento e la seconda guerra mondiale. Partendo da una densa ricognizione della storiografia sull’argomento, Gissi dà conto dei diversi complessi normativi che hanno investito l’attività delle levatrici nei paesi del nord Europa, centrando il proprio sguardo sulle pratiche abortive attuate dalle levatrici. Quest’angolatura le dà modo di rilevare ambivalenze e contraddizioni del processo di professionalizzazione della categoria, sia in relazione alle politiche demografiche e alle pratiche di controllo delle nacite, sia in relazione ai conflitti di sapere-potere tra medici e levatrici. L’ultimo saggio è dedicato a Mezzo secolo di infant observation (dal 1948 al 2002). Laura Mori presenta una breve rassegna sui metodi di osservazione diretta del neonato in famiglia, messi a punto dalla psicanalista Esther Bick nel 1949, fornendo un retroterra storico alla comprensione e valutazione sia della diffusione successiva di queste metodologie, sia della loro potenzialità euristica per la comprensione della vita psichica del neonato. Il volume si chiude con alcune schede di recensione storiografica, che integrano le riflessioni precedenti con la segnalazione di ricerhe internazionali su malattie per l’infanzia, infanticidio, aborto.
Data recensione: 01/01/2006
Testata Giornalistica: Società e Storia
Autore: Emmanuel Betta