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Il volume copre l’arco di tempo che va dal secolo XVIII ai giorni nostri, con impostazione pluridisciplinare. Egle Becchi, nel saggio iniziale, Corpi infantili e nuove paternità: agli inizi

Il volume copre l’arco di tempo che va dal secolo XVIII ai giorni nostri, con impostazione pluridisciplinare. Egle Becchi, nel saggio iniziale, Corpi infantili e nuove paternità: agli inizi della puericultura, ripercorre momenti significativi di una trasformazione del costume, che ha ripercussioni importanti nei rapporti domestici, e si delinea nel corso del Settecento, nella temperie culturale dell’Illuminismo. Bambini e bambine cominciano ad essere al centro delle attenzioni e delle cure, soprattutto fisiche, dei padri. La trasformazione è notevole. «Il padre non assume solo compiti formativi e di istruzione, esercitati dopo i sei/sette anni, (...) ma si impegna anche in interventi di consiglio e guida nonchè di cure fisiche per i (...) più piccini» (p.15). Egli si cala a pieno nella domesticità. Gli esempi riportati sono riferiti a personaggi altolocati sotto il proflo economico, sociale e culturale. Leggono gli scritti di David Tissot, del Rousseau, l’articolo Enfance (médicine) dell’Encyclopédie di Diderot e D’Alambert. È il caso, in Italia, di Pietro Verri, che narra l’esperienza di padre affettuoso e attento nelle Memorie della fanciullezza di Teresa, diario rimasto inedito sull’infanzia della piccola, nei primi anni di vita, dal 1777 al 1784. Occorrerà tempo perchè tali comportamenti escano da una cerchia estremamente ristretta e si diffondano nei diversi settori della società; ma la rottura, non tanto con il passato, bensì con pratiche coeve largamente diffuse e profondamente radicate, è evidente. È appena il caso di ricordare che il censimento realizzato nello Stato Ecclesiastico nel 1656 non prende in considerazione i bambini entro i primi tre anni di vita. La mortalità è talmente alta che non si ritiene doversi occupare di loro in documenti ufficiali. Alla metà de secolo XVIII Giovanni Bianchi, medico e scienziato di Rimini, molto noto alla comunità internazionale dell’epoca, che pratica i testi di Locke, Newton, Rousseau, Montesquieu, ed è in corrispondenza con Voltaire, scrive al marchese napoletano Romualdo de Sterlich, seguace del Genovesi: «Se il vajuolo v’ha rapito una femmina, e se vi rapirà qualche altro figliolo non sarà un gran male avendo voi dieci figliuoli».
Chaterine Rollet con Le carnet de santé pour les enfants en Europe ripercorre tempi e modalità di diffusione, in Europa, del libretto sanitario, strumento importantissimo per migliorare le condizioni sanitarie e controllare le fasi di crescita dei bambini nei primi anni di vita. In Francia è obbligatorio daql 1945; ma viene avviato a Montpellier nel 1869 dal medico Jean Baptiste Fonssagrives, che dà alle stampe un volumetto per guidare le madri nell’osservazione della salute dei bambini e facilitare il rapporto fra genitori e medici. Le esperienze in Europa sono molteplici; variano anche gli obiettivi di fondo, che vanno dall’accertamento di passaggi sanitari fondamentali, quali le vaccinazioni, alla informazione di base e alla responsabilizzazione dei genitori sui loro compiti. Il modello anglosassone dà rilievo alla funzione dei genitori. Diversa è la situazione dove lo Stato, attraverso visite mediche sistematiche, accentua il controllo della sfera familiare.
Funzione delicata, e carica di significati simbolici, è quella delle levatrici, evidenzia Alessandra Gissi in Levatrici e controllo delle nascite nell’Europa del Novecento. L’attenzione alla loro attività diventa forte quando, dagli ultimi decenni dell’Ottocento, si delinea in Europa il declino della fecondità. Si intensificano gli interventi legislativi che stabiliscono caratteristiche e funzioni delle levatrici in rapporto all’assistenza alle donne e al controllo delle nascite. Si apre la discussione sull’aborto, di cui esse un po’ ovunque sono ritenute le maggiori responsabili, e che i governi avversano, soprattutto per le preoccupazioni demografiche. In Francia, dove viene paragonato al sabotaggio e al tradimento nei confronti della nazione, si impone la metafora della “diserzione femminile”, mentre in Inghilterra si afferma agli inizi del XX secolo l’ideologia della maternità. «Era dovere e destino delle donne, oltre che loro suprema gratificazione, allevare nuove forze per la razza imperiale» (p. 149). Le strategie di repressione sono forti anche in Germania, dove tuttavia «almeno un milione di donne ricorse all’interruzione di gravidanza durante il 1931, avendo come unica possibilità quella di rivolgersi alle donne pratiche»(p. 153). Il divieto di aborto viene riproposto nel 1933; ma nel 1934 è ammesso l’aborto terapeutico contro il “pericolo della razza”, che si accompagna alla pena di morte per chi procura l’aborto di un feto ariano.
Il panorama europeo del volume si arricchisce dei contributi sul rapporto tra povertà e salute nei bambini londinesi agli inizi del XX secolo (Anna Davin, Poor children’s health in early twentieth-century London) e sul movimento per le scuole all’aria aperta in Danimarca (Ning De Coninck-Smith, Healthy souls in healthy enviromments. The open-air school movement in Copenhagen 1905-1938).
Per quello che riguarda l’Italia, ma non solo, centrale è il saggio di Patrizia Guarnieri, curatrice del volume, sul ruolo svolto nelle politiche sanitarie e assistenziali per l’infanzia dallo Spedale degli Innocenti di Firenze, che evidenzia il passaggio in Italia tra la fine dell’Ottocento e i primi decenni del Novecento dalla cultura dell’accoglienza a quella della cura, da una visione intrisa di moralismo, a una concezione più laica, che pone al centro dell’azione il benessere psico-fisico del bambino, conseguito anche tramite il sostegno alle madri per ridurre il fenomeno dell’abbandono, che riguardava non solo ragazze madri, o comunque tutte le sfere dell’illegittimità, ma anche le famiglie che vivevano in gravi difficoltà economiche. Importanti in quegli anni le funzioni svolte dai comuni di Firenze e di Roma, in particolare negli anni dell’amministrazione capitolina Nathan. Dall’esperienza dello Spedale degli Innocenti prende corpo la ricerca pediatrica e si avviano i relativi reparti ospedalieri. Alla metà degli anni Venti l’ONMI, l’Opera nazionale maternità e infanzia, eredita, ma solo in parte, quelle esperienze. La Guarnieri annota: «Di contro a schematiche generalizzazioni sul welfare state, a intramontate stereotipie sulla cosiddetta donna e mamma italiana, dalle fonti primarie altre storie di madri e figli, di dottori e donne fanno pensare che l’Opera del 1925 abbia portato più alla sepoltura che alla nascita di iniziative importanti e moderne, come quelle qui narrate» (p. 94).
Il volume si conclude con un saggio che dà conto della ricerca psicanalitica (Laura Mori, Mezzo secolo di infant observation, 1948-2002): documenta in maniera ampia come tra la seconda metà del XVIII secolo e il XX il bambino dal punto di vista sanitario assuma una identità precisa e sia oggetto di attenzioni e di interventi sempre più mirati a salvaguardarne esistenza fisica e sviluppo armonico della persona.
Data recensione: 01/02/2006
Testata Giornalistica: Proposte e ricerche
Autore: Carlo Verducci