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Carezzato dai silenzi della collina fiorentina, Adriano Bimbi, dopo averci regalato dei singolari bellissimi disegni nella prestigiosa...

Carezzato dai silenzi della collina fiorentina, Adriano Bimbi, dopo averci regalato dei singolari bellissimi disegni nella prestigiosa Galleria del Bisonte (la creatura di Maria Luigia Guaita nell’Oltrarno), da qualche tempo è passato alla scultura, al bronzo. Materia più complessa, che suppone confidenza tecnica nella modellazione e nella fusione, ma che spinge l’artista al rapporto virtuale con i “colleghi” toscani del Quattro e Cinquecento, così da confermarsi in buona compagnia. Ora Bimbi ha raccolto per intero questa sua ultima e suggestiva produzione, quasi a prospettarcela come in una antologia poetica. In effetti, se la sua aggressività grafica e la sua pittura avevano già avuto il severo positivo scrutinio di Renzo Federici, Mario De Micheli ed Enrico Crispolti, su questo recente linguaggio bronzeo ci siamo fermati Antonio Natali ed io. E siccome questo evento nella Sala delle Colonne di Pontassieve sembra configurarsi come una crestomazia della sua scultura, può essere opportuno tracciare una linea critica che aiuti a spiegarla, nella genesi e negli svolgimenti. Dicendo subito che siamo lontani da ogni ispirazione naturalistica o tradizionalmente figurativa e piuttosto in “poesie di bronzo”, “composizioni liriche” che, pur valendosi di figurazioni botaniche e architettoniche, appartengono alla poesia, al sogno, alla libera immaginazione della fantasia creativa. Buona parte di queste opere (dimensionalmente contenute) sono apparse nel Calendario Polistampa 2024 con una presentazione di Natali. Presentazione davvero efficace, secondo cui “rugosi e brulli sono i gibbi dei suoi paesaggi miniati nel bronzo. Su quei colli allignano esili i cipressi, e spontanee crescono dimore umili domestiche, quasi inerpicate su per cieli alti…”. Nei cieli, appunto, ci spingono queste miniature di paesaggi che ci riportano alle asciutte figurazioni giottesche che saltando le connessioni, vanno diritte al tema, con la sinteticità della poesia. C’è poi la carezza, l’impronta lirica di queste sculture, esasperata e programmaticamente deformante a costituirsi in linguaggio assolutamente personale: un lirismo che evoca quello di Fausto Melotti, in quel suo esprimersi con le figure retoriche proprie della poesia, la similitudine, la metafora, l’allegoria, l’ossimoro e persino l’iperbole. Esempi calzanti di questa sua poesia sono le due composizioni “Stare in bilico” e “Tra le nuvole”: temi squisitamente lirici, di una sintesi fulminante. Fusioni a cera persa che si dematerializzano diventando pura poesia.
Data recensione: 20/04/2024
Testata Giornalistica: Cultura Commestibile
Autore: Francesco Gurrieri