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Leggendo, tra un bagno e l’altro, Sulla superficie. Il pensiero superficiale nell’arte e bella cultura contemporanee di Gabriele Salvaterra, mi è venuto

Leggendo, tra un bagno e l’altro, Sulla superficie. Il pensiero superficiale nell’arte e bella cultura contemporanee di Gabriele Salvaterra, mi è venuto in mente un aforisma di Hofmannsthal, forse il più bello tra i tanti raccolti nel suo Libro degli amici: “La profondità va nascosta. Dove? Alla superficie”. Che è come dire: è proprio la superficie il luogo in cui le forme, vale a dire le rappresentazioni artistiche, rivelano profondità simboliche e spirituali che sono poi il vero contenuto e il vero significati di quelle forme e dell’opera d’arte nel suo complesso. Spetterà al fruitore cogliere nelle forme quella profondità, mentre la grandezza dell’artista consisterà nel nascondere e al tempo stesso esaltare, attraverso le forme, tali profondità. Questo pensavo, beandomi nella contemplazione dell’immanenza simbolica annidata nelle cose dell’arte, quando mi sono accorto di come, nel libro di Gabriele, la superficie sia molto più di un involucro luccicante da scartare. Se tutti gli oggetti che gli occhi e la mente possono vedere sono superfici, la loro interiorità sarà evasiva, sfuggente e, nel momento stesso in cui – per uno scavo o un approfondimento – diventerà evidente, si trasformerà all’istante in una nuova superficie con cui saremo costretti a fare i conti. In questo labirinto di specchi che rimandano all’infinito un’immagine la cui origine rimane misteriosa. Sulla superficie propone un inventario complesso e divagante, decisamente enciclopedico, delle possibilità superficiali del nostro tempo. La trattazione, suddivisa in otto capitoli, accompagna il lettore dalla teoria alla letteratura, dalla filosofia alle indagini storico-artistiche di pittura, scultura/installazione e fotografia. Particolarmente interessante, per il mio gusto personale, l’ultimo capitolo, dove “la superficie si degrada nella moda e nello spettacolo, nel piacere e nel corpo femminile” e “si parla dell’uscita della superficie dal territorio circoscritto dell’arte alta e del suo ingresso nei meccanismi più commerciali (ma non meno sofisticati) del desiderio. Nel complesso, un libro che costringe a rovesciare come un guanto, nella sua accezione negativa, l’aggettivo “superficiale”.
Data recensione: 01/09/2023
Testata Giornalistica: Segno
Autore: Andrea Guastella