chiudi

«Pur essendo legato come linguaggio alla grande tradizione classica, di certo Messina è un artista moderno

«Pur essendo legato come linguaggio alla grande tradizione classica, di certo Messina è un artista moderno, perché ha saputo tradurre le inquietudini del suo tempo». Parola di Nicola Loi, fondatore dello ’Studio Copernico’, in merito all’artista Francesco Messina, lo scultore cui è dedicata la grande retrospettiva ’Prodigi di bellezza’, in programma a Vercelli da oggi, 18 dicembre, al 28 febbraio, a cura di Marta Concina, Daniele de Luca e Sandro Parmiggiani e promossa dal Comune e dall’Arcidiocesi di Vercelli in collaborazione con Fondazione Messina e Studio Copernico.
Nicola Loi, 120 opere in occasione dei 120 anni dell’artista: una full immersion nel mondo di Messina?
«Sono 120 opere che documentano il percorso artistico di Messina, dagli anni Venti, periodo della formazione a Genova, fino al 1995. L’ultima opera l’ha realizzata pochi mesi prima di morire. Un percorso che evidenzia l’evoluzione della sua sensibilità. Una full immersion anche se in passato ho allestito mostre a lui dedicate».
Qualche esempio?
«In occasione del centenario della nascita, ricorso nel 2000, a Genova è stata allestita una mostra per ripercorrere la carriera artistica dello scultore, la più grande e completa antologica con 250 opere, di cui 190 sculture e 60 disegni. Per la verità in occasione del centenario la mostra era partita da Catania, sua città d’origine, per poi essere ampliata arrivando prima a Roma e poi a Genova. Ho organizzato mostre dedicate a Messina anche all’estero, in Germania, in Giappone. D’altronde è a buon diritto considerato una delle figure principali della scultura figurativa del ‘900, artista presente molteplici volte alle Biennali di Venezia».
Quando ha conosciuto Messina?
«Negli anni Settanta. È stato un incontro-scontro. Un mio cliente era innamorato di Messina e mi chiese di procurargli una scultura. Così incontrai Messina ma all’inizio non ci siamo piaciuti o forse semplicemente non ci siamo capiti. Lui era un uomo che difficilmente chiedeva scusa, ma quell’incontro sui generis è stato il primo di una lunga e proficua collaborazione».
Cosa la colpisce di più dell’arte di Messina?
«Messina ha saputo mettere assieme la resa della forma esteriore con un tormento interiore: lo rivelano i ritratti, in cui accanto alla capacità di cogliere le sembianze fisiche c’è sempre l’attenzione al mistero, al carattere, a quelle vibrazioni interiori che magari il soggetto cercava di nascondere. Lo stesso emerge anche nelle sculture dedicate alle danzatrici, che per Messina erano l’emblema della femminilità. Lo sguardo del maestro si posava sulle donne che modellava genialmente con le sue mani ma non si limitava a scolpire, lui rubava con gli occhi. Voglio ricordare che oltre a sculture è stato poeta e insegnante».
Tra i lavori di Messina, a quali è più legato?
«Difficile fare una scelta. Tra le sue opere non posso non citare la Santa Caterina da Siena sul lungotevere di Castel Sant’Angelo, la Via Crucis di San Giovanni Rotondo, il celebre Cavallo morente della Rai, il Monumento a Pio XII nella Basilica di San Pietro. Ma anche i ritratti a personaggi famosi: Sandra Milo e Carla Fracci sono state sue modelle, tutta la famiglia Agnelli si è fatta ritrarre».
Quali le attività della Fondazione Messina?
«Insieme alla figlia Paola abbiamo deciso di non disperdere la memoria dell’artista e per questo è nata la Fondazione che cataloga le opere, ne raccoglie e archivia i documenti, ha istituito la commissione per il rilascio delle autentiche. Inoltre, promuove il Museo Civico Francesco Messina, il museo-studio ricavato dall’antica chiesa sconsacrata di San Sisto. Nel rispetto dei desideri di Messina, la Fondazione promuove la diffusione artistica di giovani scultori organizzando il ’Premio Messina’, manifestazione biennale, a cui sono invitati 10 giovani artisti italiani e 10 stranieri».
Data recensione: 18/12/2021
Testata Giornalistica: Il Resto del Carlino
Autore: Barbara Berti