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A chi gli chiedeva a quale gruppo, ecclesiale o partitico appartenesse, rispondeva che la sua unica tessera era quella del battesimo

A chi gli chiedeva a quale gruppo, ecclesiale o partitico appartenesse, rispondeva che la sua unica tessera era quella del battesimo. Giorgio La Pira ribadiva così la sua laicità e il suo essere «un libero apostolo del Signore». L’unica eccezione fu nell’aderire al Pio Sodalizio dei Missionari della Regalità di Cristo, che rispondeva al suo ideale di testimonianza cristiana. L’istituto secolare fondato nel 1928 dal francescano Agostino Gemelli era un’associazione fuori dal comune per il tempo in cui nacque, ardita per i fini che si proponeva e che al giovane La Pira apparve in linea con la sua volontà di agire da cristiano nel sociale, anticipando le linee guida del futuro Concilio.
La Pira, dunque, «non fu un clericale né fu mai clericalizzato», come spiega bene Piero Antonio Carnemolla, studioso attento e appassionato della figura e dell’opera del “sindaco santo”, in Un laico cristiano: Giorgio La Pira (Polistampa, pagine 312, euro 18). «Quello che più infastidiva – scrive Carnemolla – era che questo incontrollabile laico era convinto che Cristo aveva affidato la sua missione direttamente a tutta la Chiesa, senza distinguere tra laici e gerarchia, tra apostolato diretto e apostolato subordinato». Difendeva uno «spazio di autonomia che sarebbe scomparso se l’impegno si fosse svolto in una organizzazione qual era l’Azione cattolica», mentre in La Pira «aleggiava lo spirito di Francesco d’Assisi». Nel volume vengono recuperati alcuni saggi, pubblicati in tempi diversi, che documentano come La Pira visse e operò da laico in un ambiente in cui ancora era presente un pesante clericalismo. Agì in comunione con la gerarchia ecclesiastica senza esserne dipendente. Non mise mai in dubbio il magistero, ma ne trasse ispirazione adattandolo al momento storico e alle particolari circostanze in cui esercitò la propria missione.
L’opera del “sindaco santo”, a giudizio di Carnemolla, «viene oggi valutata e riconsiderata secondo un metro di saggezza che ai suoi tempi lasciava molto a desiderare. Si riconosce che possedeva una rara capacità, quella di leggere la storia sacra e umana basandosi su tre pilastri: preghiera, fede nella Chiesa e studio sistematico e approfondito delle diverse problematiche che doveva affrontare nello svolgimento delle proprie funzioni, sia a livello politico che ampiamente sociale. Oggi non si sorride più sulle “trovate lapiriane”, ma si è indotti a una più saggia riconsiderazione delle idee, delle proposte, delle iniziative che allora sembravano sconsiderate e soprattutto pericolose».
Data recensione: 15/07/2021
Testata Giornalistica: L’Avvenire
Autore: Andrea Fagioli