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Ormai è noto il sentimento di Giacomo Puccini verso la sua città natale: amore, ma anche la sensazione

Oriano De Ranieri racconta la storia del difficile rapporto fra il Maestro e la sua città natale. Tanti screzi e volute dimenticanze

Ormai è noto il sentimento di Giacomo Puccini verso la sua città natale: amore, ma anche la sensazione, confermata da fatti concreti, di non essere spesso corrisposto. Già nel novembre del 2004 affrontavo questo argomento in un intero capitolo, insieme al collega Mauro Lubrani, nel libro “Giacomo Puccini, luoghi e sentimenti”, edizioni Polistampa.
Per questo ho molto apprezzato l’intervento del collega Maurizio Sessa che ha tratteggiato alcuni aspetti di questo rapporti ambigui fra Lucca e il Maestro; di amore ma anche di risentimenti.
Soprattutto hanno segnato il Maestro gli ostacoli e la condanna dei lucchesi della sua relazione con Elvira Bonturi già sposata con Narciso Gemignani e la fuga a Monza, dove nacque il figlio Antonio, e poi a Milano. Condivido l’invito di Sessa ad abbandonare le rivalità campanilistiche. Del resto Puccini era cittadino del mondo e innamorato dell’intera sua Toscana. Lo dimostra l’inno alla sua capitale: “Firenze è come un albero fiorito” nel Gianni Schicchi.
Ma è difficile superare di colpo i tanti dissidi latenti ed esplosi anche con invettive violente tramandati nel tempo e arrivati anche ai nostri giorni con enti, fondazioni diverse, anni fa spesso in guerra, che solo recentemente dichiarano di collaborare.
Ritorniamo al passato. I trionfi lucchesi tributati al Maestro, con le rappresentazioni di “Edgar” e de “La Fanciulla del West”, facevano riemergere in Giacomo l’amarezza per la strada per Chiatri chiesta al sindaco Massimo Del Carlo, che era tra l’altro cognato, e mai costruita, amarezza per iI busto di marmo del padre Michele, anche egli musicista, mai collocato da nessuna parte, nonostante le promesse degli amministratori. Il Maestro si sfogò con l’amico giornalista Carlo Paladini in una lettera del 1920: “E a Lucca la famosa lapide non fu mai messa, ne parlai e ne scrissi anche a Rosadi che mi promise d’occuparsene. Io certo non prego più. La strada di Chiatri, la lapide di mio padre e tante altre cosette che avrebbero dovuto fare i miei concittadini, niente di niente. Ma se crepo, ti prego di opporti a qualunque ricordo volessero farmi”.
I lucchesi pensarono a fare un monumento al Maestro settant’anni dopo la morte, nel 1994, opera apprezzata di Vito Tongiani, per iniziativa non di enti pubblici ma dell’associazione industriali, grazie all’impegno di Vittorio Armani, e del Rotary. Del resto questi sentimenti ostili verso Lucca erano condivisi dalla sorella preferita di Giacomo, Ramelde che ad un certo punto nel suo “Diario Segreto” scrive: “Canaglia di lucchesi, come vi ho antipatici fino nel midollo delle ossa!”.
Il conflitto tra Lucca e Viareggio esplose clamorosamente per la sepoltura del Maestro. I sentimenti di antipatia verso i lucchesi che lo avevano trattato male in vita erano condivisi anche da Elvira e dal figlio Antonio che decisero di fare seppelire il Maestro a Torre del Lago nella villa divenuta mausoleo. I lucchesi fecero addirittura una sottoscrizione per avere il loro illustre concittadino almeno da morto. Fu inutile. Gli animi si accesero.
Addirittura Raffaello Franceschini marito di Ramelde consigliò a Elvira e a Antonio di non farsi vedere a Lucca perchè in città si stava preparando una vera e propria campagna ostile che poteva arrivare anche a qualche gesto inconsulto. E poi ricordiamoci che intorno a Puccini si sono avvicendati nugoli di legali oltre che giustamente tantissimi studiosi, basti pensare alla vicenda della casa natale di via di Poggio e il rapporto difficile tra Lucca e la nipote del Maestro Simonetta. Del resto questa è cronaca recente.
Data recensione: 28/02/2021
Testata Giornalistica: La Nazione
Autore: Oriano De Ranieri