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“In America andrò a caccia di tracce del passato, di fallimenti e delusioni, ma anche e soprattutto di speranze e nuove utopie. Cercherò perchè so che attraverso il passato e il presente di un

“In America andrò a caccia di tracce del passato, di fallimenti e delusioni, ma anche e soprattutto di speranze e nuove utopie. Cercherò perchè so che attraverso il passato e il presente di un continente può emergere anche il senso della mia storia e la possibilità di un futuro che non sia solo mio (...) Sulle mie spalle non porterò solo uno zaino, ma anche il (non) senso della vita, l’inquietudine del cammino, la compagnia della solitudine”.
Le spalle sono quelle di Tito Barbini, 35 anni da protagonista nelle istituzioni toscane; lo zaino è quello del viaggiatore vero, vecchio stampo: zero turismo, molte domande e bisogno di capire (il mondo, le genti, se stessi). Il senso o nonsenso della vita è quello dell’uomo solo che prova a risolvere da solo il dilemma di una delusione politica, una sconfitta che mai si sarebbe aspettata così bruciante sul piano personale e che alla fine si è rivelata la scintilla capace di scatenare una reazione a catena. E la decisione di partire per un viaggio lungo mesi, lungo un intero continente, è venuta così naturale da rivelarsi come autentico toccasana. Risultato: sconfitta digerita e mente aperta e pronta a nuove battaglie, nuovi orizzonti e laltri viaggi. Di tutto ciò potrete leggere nel libro “Le nuvole non chiedono permesso. Dalla Patagonia all’Alaska. Cento giorni a piedi e in corriera” (Edizioni Polistampa - Firenze), scritto da Tito Barbini, che a soli 25 anni divenne sindaco della sua Cortona, per poi assumere ruoli sempre più importanti nella politica e nel governo regionale, fino ai quindici anni di assessorato in Regione. La sconfitta di cui si parla nel libro è quella alle amministrative del comune di Arezzo del 2004 (sconfitta poi rimediata pochi mesi fa), quando a Barbini il suo partito (i Ds) preferì un altro candidato sindaco. Acqua passata, ormai. Oggi Tito Barbini, come lui stesso ha detto a un quotidiano aretino, “è un uomo senza più rancori e risentimenti”. E questa “guarigione interiore” la deve al viaggio, le cui lettere e appunti sono diventate un agile volumetto blu, pagine a metà strada tra il racconto di fatti, luoghi, persone, e il diario un po’ intimista in cui tuttavia molti politici (e non solo) potrebbero riconoscersi. L’America è sopra ogni cosa quella Latina, quella che evoca ricordi e passioni di un’intera generazione: il Che, Allende e il golpe cileno, la poesia di Neruda. Ma è anche il continente di oggi, alle prese con una nuova stagione di speranze democratiche. Cile, Argentina, Bolivia, Messico si diffondono nell’intreccio tra racconto del viaggio e passato dell’autore. Poco, pochissimo spazio al Primo Mondo, oltre la frontiera messicana (“un’esperienza sconvolgente”) si sgretola la voglia di tentare un’ardita seppur solo letteraria riappacificazione tra Sud e Nord. Ma è un bell’esordio, quello di Tito.
Data recensione: 24/07/2006
Testata Giornalistica: La Piazza di Firenze
Autore: Ciro Becchimanzi