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A Massimo Ceccherini è andata bene: una volta nella sua Firenze i blasfemi finivano impiccati senza troppi complimenti. Accaddde nell’estate del 1501, quando un uomo chiamato Antonio

A Massimo Ceccherini è andata bene: una volta nella sua Firenze i blasfemi finivano impiccati senza troppi complimenti. Accaddde nell’estate del 1501, quando un uomo chiamato Antonio Rinaldeschi fu arrestato, prontamente processato e altrettanto rapidamente appeso al collo per aver tirato sterco di cavallo sull’immagine della Madonna esposta in un tabernacolo.
Il suo caso viene ricostruito in un libro scritto da due storici americani, William J. Connel e Giles Constable. Questo il titolo: «Sacrilegio e redenzione nella Firenze rinascimentale». «La pena fu severa, anche per quei tempi, dato che i crimini dei quali fu accusato (bestemmia, blasfemia e tentato suicidio) non erano normalmente puniti con la pena capitale», scrivono i due.
Tutto però ha una spiegazione: erano i tempi del Savonarola, ed «il contesto politico e religioso della Firenze rinascimentale influì sia sulla sentenza di morte di Rinaldeschi, sia nella creazione da parte dei seguaci del Savonarola di una nuova devozione nel cuore della città a memoria dell’evento». Un evento magari poco glorioso visto con gli occhi di oggi, ma carico di significato per i contemporanei.
Anche perchè Rinaldeschi finì per essere vittima della classica «sentenza memorabile». Non a caso, una volta eeguita la condanna, una mano anonima vergò, su un margine del libro delle condanne della Repubblica Fiorentina, due sprezzanti parole: «pagò contanti». Molto meglio l’esilio dall’isola.
Data recensione: 22/10/2006
Testata Giornalistica: Il Tirreno
Autore: ––