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“Non ho voluto giudicare, ma partecipare prima me stesso poi gli altri di un’appassionata autobiografia mentale. Consegno queste riflessioni agli anni e agli

Un’esposizione tributo ai miti dell’anima Manfrediana
“Non ho voluto giudicare, ma partecipare prima me stesso poi gli altri di un’appassionata autobiografia mentale. Consegno queste rifelessioni agli anni e agli uomini di domani come vecchio avaro lascia a malincuore il proprio tesoro, posto in sacchetto”.
Sarebbe potuto non succedere mai…ma la mostra è stata presentata e sicuramente avrà un posto nella storia di Firenze e nella mente dei molti spettatori, me per prima, che non si sono lasciati scappare l’occasione di visitarla. È grazie ad un mecenate, che preferisce non rivelare la propria identità, che Manfredi ha acconsentito ad una mostra fiorentina dopo svariati anni. Capita raramente, in periodi in cui l’arte contemporanea tende a privilegiare l’effimero, che attraverso la pittura si riesca ad avvicinare ed essere rapiti da una personalità, da un mondo molto complesso, strutturato…comprensibile soltanto se ci si avvicina all’individualità culturale del pittore. Manfredi è artista contro corrente, è orientato verso forem dievrse di pittura come modo per avvicinarsi il più possibile al senso della vita. Visitando questa mostra si riesce a pensare ed è inevitabile fare confronti: il presente artistico è arido, strutturato su un rapporto di arido consumo dell’oggetto estetico e, rapportandolo al profondo spessore poetico-pittorico che Manfredi riesce a trasmettere, si è capaci di cogliere il senso della sua banalità. “Manfredi rassicura chi crede che la pittura sia oggi distante, fredda…perchè lui parla tutti i giorni delle nostre storie” commenta Giorgio Sevesco, critico d’arte, ed aggiunge “…la sua presenza spicca oggi come una rara moneta d’oro in un canestro di tondini di piombo tutti uguali”.
Manfredi non segue la critica e non si adatta al mondo artistico strutturato su giudizi e lustrini, parla chiaro e riesce a parlare il linguaggio di coloro che sono disposti ad ascoltarlo, a scoprire tramite le tele la sua persona che senza timidezze, sfrontata si rivela. L’archivio di Stato ha ospitato 30 ritratti di celeberrimi personaggi delle arti, della musica, della letteratura e della filosofia che costruiscono un’appassionata biografia mentale dell’artista, oltre che da tre grandi paesaggi e un gruppo di figure e paesaggi del Mugello realizzati con la stessa tecnica. I volti dei più noti artisti del passato, tra cui quello attuale della grandiosa Margherita Hack, sembrano voler comunicare parte della loro grandiosità allo sguardo dello spettatore; attenzione, però non c’è realismo nei volti ma è la loro dilatazione lirica poetica che ci coinvolge; Manfredi si rifà all’iconografia ritrovata su libri, riviste, talvolta su internet per ritrarre i tratti somatici, ma le sue tele sono di più, sono l’amore di Manfredi per le loro opere, la passione per tutto ciò che gli hanno insegnato e che lo ha portato ad essere quello che è oggi. Una fantastica tela ritrae Gabriella Reggio, madre dell’artista che lo ha iniziato all’arte pittorica ed a quel patrimonio di conoscenze che oggi lo caratterizza. Camus scrisse “Bisogna avere un amore – ­­­un grande amore – nella vita perchè costituisca un alibi alle disperazioni immotivate che ci opprimono”. L’amore di Manfredi è per coloro che ­sono riusciti a toccare il suo pensiero, con i quali ha intrattenuto un legame ideale molto profondo, nonostante appartengano tutti al passato; tutte le personalità ritratte sono protagonisti della sua autobiografia mentale perchè con le loro opere gli hanno dato emozioni uniche e simoli creativi. C’è chi per far ascolatre la sua voce, la sua rivoluzione mobilita le masse…lui ottiene lo stesso risultato usando in silenzio il suo pennello.
Data recensione: 01/10/2006
Testata Giornalistica: InformacittàFirenze
Autore: Dania Bellesi