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Indagando sulla famiglia dei Gherardini, quella della leonardesca Monna Lisa, il nostro cronista ha trovato una discendente - «La modella dal misterioso sorriso era una donna

Indagando sulla famiglia dei Gherardini, quella della leonardesca Monna Lisa, il nostro cronista ha trovato una discendente - «La modella dal misterioso sorriso era una donna vera: nobile del Chianti, sposò un ricco setaiolo», sostiene, carte alla mano, uno studioso toscano
La Gioconda ha finito di provocarci con la sua espressione da Sfinge dell’Occidente. così la definì Napoleone che se la tenne nella sua stanza da letto per godersi quel sorriso indefinibile. «Cosa più divina che umana» per Giorgio Vasari, mentre per il romanziere inglese Lawrence Durrell poteva essere quello di «una donna che ha appena finito di divorare il marito a cena». Adesso sappiamo chi è, ne conosciamo la vita. E c’è di più. Andando a parlare con chi ha scoperto la verità su Monna Lisa Gherardini maritata Del Giocondo, «Oggi» ha scovato una sua «pronipote». Sarà vero? I documenti non lo dicono, ma le nostre indagini ci hanno portato a bussare alla porta di una signora che, se non ha elementi per vantare una sicura discendenza diretta, «un pò le somiglia», dice il fotografo. E comunque più degli altri con lo stesso cognome ha coltivato le memorie di famiglia, «per merito di uno zio letterato e cultore di genealogia». Infine, la signora Gherardini ci svela un’incredibile ramificazione del casato che porta in Irlanda. Ma andiamo in ordine. Dopo cinque secoli di dubbi e congetture e una montagna di volumi poderosi, sono le cento paginette di un libro agile e coinvolgente a dare contorni precisi e reali a un volto tanto noto quanto misterioso. Perché pochissimo si sapeva della Monna Lisa, moglie di Francesco Del Giocondo che il Vasari per primo aveva citato, scrivendo che «Lionardo aveva preso a farle il ritratto, e quattro anni penatovi lo lasciò imperfetto». anzi, molti studiosi non erano nemmeno d’accordo sull’identità della dama: forse Vasari si riferiva a un altro lavoro, perso, o forse Leonardo aveva dipinto il quadro non a Firenze fra il 1503 e il 1506, ma durante il successivo soggiorno romano, raffigurando la duchessa Costanza d’Avolos, imparentata con i Colonna, o l’altra napoletana Isabella Gualandi, protetta degli Aragonesi, celebrata dai poeti per le sue grazie. Tra le ipotesi più avventurose e provocatorie, perfino quella di una gioconda di carattere e di professione, cioè un’allegra cortigiana. «Invece credo proprio che Vasari avesse ragione», dice Giuseppe Pallanti, 53 anni, tre dei quali passati a indagare su Mona Lisa. Non da esperto d’arte, ma solo da appassionato, e per un caso fortuito. «Mi occupo di storia ed economia agraria, e durante una ricerca nel Chianti ho trovato un podere che era del padre di Lisa e m’è venuta l’ispirazione di andare avanti per scoprire tutto ciò che poteva riguardare i Gherardini e i Del Giocondo, rovistando negli archivi». Risultato, la raccolta di preziosi documenti che gli hanno permesso di ricostruire sia le vicende delle due famiglie (signori di campagna un po’ decaduti i Gherardini; ricchi, potenti e in continua ascesa i Del Giocondo), sia la vita matrimoniale di Lisa e Francesco. Il tutto raccolto, per le Edizioni Polistampa, in Monna Lisa, mulier ingenua, come la chiamava il marito nel testamento: moglie semplice e virtuosa, diversa rispetto alle complesse interpretazioni psicologiche del dipinto e soprattutto rispetto a certe voci sul suo conto: per esempio, che fosse stata l’amante di Giuliano de’ Medici. «Lisa e Francesco si sposarono nel marzo 1495», racconta Pallanti, «quando lei, prima di sei fratelli e sorelle, aveva solo 16 anni, mentre lui ne aveva 30, era stato già sposato nientemeno che con una Rucellai ed era rimasto vedovo con un bambino piccolo, perciò nella necessità di trovarsi subito un’altra compagna. Forse il loro incontro avvenne in una delle botteghe-laboratorio dove i Del Giocondo esercitavano l’attività di tessitori e commercianti di stoffe e vesti pregiate, fornite anche ai Medici, verosimilmente le stesse che vediamo nel quadro, e Lisa seppe mettere a frutto la sua avvenenza, sfruttando l’occasione per un’ascesa sociale. Comunque, l’unione coniugale riuscì bene, nonostante la differenza d’età e di censo. Lisa fu un’ottima madre per l’orfano trovato e per i cinque figli che ebbe a sua volta, tre maschi e due femmine, le quali si fecero monache. Dopo aver sistemato se stessa, sistemò pure i suoi, che non avevano una dimora di proprietà in città, ma stavano in affitto, mettendoli in una casa vicina alla propria, offerta dal marito». E allora, come teorizza Pallanti, il suo sorriso è solo un’espressione di tranquillo appagamento. E il ritratto, professore? «L’omaggio di un uomo di successo e marito innamorato a una moglie così bella, più o meno in coincidenza dei 25 anni e della terza maternità. Per il compenso all’artista non avrebbe avuto problemi». Ma Leonardo da Vinci non era un pittore a cui chiunque potesse rivolgersi. A parte il suo gran daffare in cento attività. In quell’inizio del ‘500 percorreva la Toscana come ingegnere militare al servizio di Cesare Borgia. «Sì, però conosceva bene i del Giocondo, suo padre notaio li aveva avuti come clienti e lui stesso, dopo il ritorno a Firenze nel 1500, li incontrava: perchè frequentavano gli stessi ambienti e abitavano vicino. Anzi, per un certo periodo Leonado aveva alloggiato nel convento dell’Annunziata, dove Francesco si recava spesso per motivi di lavoro e pure per devozione, trovandosi lì la cappella con le tombe di famiglia». Tanti indizi che formano una prova, a conferma dell’autenticità del «riconoscimento» fatto dal Vasari. «Ricoriamoci che l’autore delle Vite era a sua volta una celebrità, l’architetto degli Uffizi, il Renzo Piano dell’epoca, e non poteva dire sciocchezze».È vero che nell’entusiastica descrizione del quadro inserisce un paio di particolari inesistenti, le sopracciglia e la fontanella nella gola, ma lui vide solo una copia, perché l’originale se l’era tenuto Leonardo continuando a ritoccarlo nella sua mania di perfezione, e l’aveva portato con sé a Milano, a Roma, infine in Francia quando vi era andato su invito di Francesco I di Valois, a cui poi l’aveva venduto per 12 mila franchi. Con tanti saluti a che gliel’aveva commissionato. «In ogni caso il Vasari lavorò alla sua opera dal 1540 in poi, perciò raccolse dati di prima mano. A quell’epoca era presumibilmente viva la stessa Lisa, sulla sessantina, citata l’ultima volta in un atto del 1539. La data della sua morte non l’ho trovata. Di sicuro c’erano i figli, i nipoti e tanti altri della famiglia». Oggi i Del giocondo sono scomparsi. Invece ci sono ancora i Gherardini. «Monna Lisa mia antenata? Perchè no, ma resta solo una piacevole ipotesi...», dice la signora Ardelia, ridendo di gusto. Architetto moglie di architetto e madre di due figli universitari, vive all’Impruneta, sulle colline di Firenze, in una villa piena di quadri del padre, che fu ottimo pittore. Intorno, orti, viti e ulivi. «Ho la passione della campagna, in città non mi sento a mio agio». Gherardini doc, in questo. «E lì di fronte c’è il Monte Gherardini, perché è proprio la zona dei possedimenti antichi del casato, che nei secoli si è diviso in tanti rami». Nel Dna del suo ramo, un elemento potrebbe derivare dai Del Giocondo: «Mio nonno fondò nel 1885 un’azienda d’abbigliamento, per la quale mio padre creava i modelli. Il marchio esiste tuttora, ma non ci appartiene più».Il risvolto più straordinario è però quello del capostipite. «Si chiamava Gerardo e nel X secolo emigrò in Irlanda. Lì fu ribattezzato First Gerald, Primo Gerardo, e da lui ebbe origine il cognome Fitzgerald. Così sosteneva un sacerdote americano che negli anni ’50 venne a incontrare mio zio Renzo, a sua volta appassionato di ricerche dinastiche, portandogli dei documenti. Dunque, con Monna Lisa sarebbero imparentati addirittura i Kennedy, che erano di origine irlandese e portavano anche il cognome Fitzgerlad...». e di nuovo Ardelia Gherardini sorride,per la clamorosa possibilità di simili parentele. La Gioconda, in una riproduzione alle sue spalle, sorride.
Data recensione: 18/09/2004
Testata Giornalistica: Oggi
Autore: Dino Satriano