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Giovanni Boccaccio appartenne a una confraternita templare segreta. Lo afferma lo scrittore Renzo Manetti

Giovanni Boccaccio appartenne a una confraternita templare segreta. Lo afferma lo scrittore Renzo Manetti nel suo libro Le Madonne del Parto. Icone templari (Edizioni Polistampa, pagine 40, euro 7,00).
Attraverso un’indagine documentaria l’autore ripercorre la storia dell’ordine monastico dei Girolamini, fondati da Bartolommeo Bononi da Pistoia che nel 1334, dopo aver comprato “terreni e casamenti” su un’area appena fuori delle mura di Firenze, proprio nel mezzo degli antichi possedimenti templari, ottiene di vivere insieme agli altri monaci sotto la regola di sant’Agostino (che era stata quella dei primi cavalieri del Tempio) con il nome di Girolamini. A favore del monastero si prodigano molte famiglie fiorentine e lo stesso Boccaccio, nel suo testamento del 1374, vi lascia gran parte dei suoi beni, proprio come facevano i templari, che erano soliti destinare dopo la morte una parte cospicua delle proprie sostanze all’ordine.
È in questo stesso periodo che iniziano a comparire in Toscana le prime immagini che raffigurano la Madonna in attesa del parto, che accompagnano il fiorire dell’Umanesimo, per concludersi nella figura misteriosa che Piero della Francesca dipinse presso la città che del Sepolcro porta il nome. Secondo Manetti queste Madonne alludono inequivocabilmente ad una confraternita segreta, costretta a nascondersi, che cela in sé il mistero della Sapienza: “come nel seno delle Madonne del Parto si occulta il Verbo, in attesa del tempo per manifestarsi, così gli eredi dei templari celavano il proprio segreto, aspettando una nuova stagione di tolleranza”.
Fulcro dell’analisi del Manetti è la Madonna del Parto di Bellosguardo: affrescata da Taddeo Gaddi, si presume tra il 1334 e il 1348, sarebbe la prima di quelle dipinte in Toscana. Sopravvisse alle numerose trasformazioni dell’antico edificio religioso per essere infine inglobata nella chiesa sorta su quello stesso terreno nel ’600 e dedicata a San Francesco di Paola, dove ancora oggi, dopo il restauro del ’64, può essere ammirata.
Data recensione: 24/03/2005
Testata Giornalistica: Il Corriere di Firenze
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