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Nell’era delle guide turistiche usa e getta, la lettura standard di una chiesa antica è ovvio si limiti a un sommario elenco di nozioni (caratteristiche architettoniche

La mappa in un volume firmato da Simone Bartolini, cartografo fiorentino, che ha studiato un campione di luoghi di culto romanici in tutta la Toscana. Dalle pievi sperdute alle basiliche sontuose una rilettura particolare del patrimonio toscano basata sugli effetti della luce su absidi e navate

Nell’era delle guide turistiche usa e getta, la lettura standard di una chiesa antica è ovvio si limiti a un sommario elenco di nozioni (caratteristiche architettoniche, decorazioni, artisti, e poco altro), ed è ben difficile, se non impossibile, che qualche tour operator proponga, per dire, di visitare a metà dicembre la pieve dei Santi Ippolito e Cassiano di Cascina (Pisa) per godersi il gioco formidabile dei raggi solari che, nel giorno del solstizio d’inverno, colpiscono il fonte battesimale, segno della misteriosa connessione fra il buio del giorno più corto dell’anno e l’inizio della vita. O ancora, che trascini una comitiva alla basilica di San Miniato al Monte proprio per il solstizio d’estate, quando un cono di luce illumina il segno del cancro nel grande rosone zodiacale intarsiato nel pavimento. E dire che si sprecano, nelle migliaia di chiese romaniche sparse per ogni dove in Toscana, i casi di questi “eventi luminosi”, ora finalmente “mappati” e offerti ad un turismo intelligente da un testo prezioso, insieme saggio tecnico e guida dettagliata alla riscoperta di un patrimonio storico sconfinato attraverso una chiave di lettura fin qui trascurata eppure indispensabile: la luce. Le porte del cielo. Percorsi di luce nelle chiese romaniche toscane, di Simone Bartolini (edizioni Polistampa), cartografo dell’Istituto geografico militare ed esperto di astronomia, è il risultato di una accurata ricerca sul campo condotta su un campione di 383 chiese toscane dell’XI-XIV secolo, sperdute pievi di campagna come sontuose basiliche di città, scelte per la loro importanza e per lo stato di conservazione (tamponature delle monofore, nuovi edifici adiacenti, crescita di alberi, hanno infatti alterato, spesso, le caratteristiche originarie degli edifici), e “rilette” in base ai dati sulla declinazione del sole in loco, con tanto di bellissime foto a colori dei molteplici effetti prodotti dalla luce quando, attraverso rosoni e monofore, portali di ingresso e piccoli fori, va a colpire punti ben precisi di navate, absidi, cripte, l’altare o il fonte battesimale, la decorazione di un capitello o una lastra tombale, illuminando tutto di un senso nuovo.
A riprova, spiega l’autore, di come un tempo i progettisti sapessero bene che per definire “sacro” un edificio non bastino quelle che noi oggi chiamiamo previsioni urbanistiche, ma serva sempre qualcosa di immateriale, simbolico, capace di parlare alle anime e di farlo davvero diventare il tramite fra uomo e Dio, una “porta del cielo”. Da qui, appunto, l’importanza assegnata alla luce, simbolo stesso del divino, nella progettazione delle stragrande maggioranza delle chiese romaniche, condizione-cardine, per ognuna di esse, di orientamento nel paesaggio, conformazione architettonica, decorazioni, e tale da trasformare ogni fondazione nel primo dei “gesti sacri” che si sarebbero poi compiuti con le celebrazioni liturgiche. Si scopre così, spiega Bartolini, che il puro e semplice orientamento est-ovest delle chiese romaniche non è affatto, come spesso si crede, quello prevalente (vale infatti soltanto per 22 delle 383 esaminate), mentre la stragrande maggioranza è disposta in modo da “interloquire” con il sole a modo suo: e cioè farsi “colpire” dai raggi in un ben determinato punto in occasione dei solstizi, o della Pasqua (giorno di Resurrezione e cioè del trionfo massimo della “luce” intesa in senso spirituale), o dell’avvento di una fase zodiacale, o di un qualche anniversario relativo a un fondatore: come a San Miniato, dove il 25 ottobre, giorno della morte del Santo, la luce penetra nella cripta, il più buio dei luoghi, illuminando le reliquie del martire.
Data recensione: 06/06/2017
Testata Giornalistica: La Repubblica
Autore: Maria Cristina Carratù