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Un approccio a tutto tondo alla Cina con una road map pensata già settant’anni fa. Roba vecchia ormai fuori dal tempo? Niente di tutto questo. Anzi, un piano modernissimo

Le intuizioni di La Pira per un dialogo a tutto campo con la Cina

Un approccio a tutto tondo alla Cina con una road map pensata già settant’anni fa. Roba vecchia ormai fuori dal tempo? Niente di tutto questo. Anzi, un piano modernissimo, una vera e propria nuova “via della seta”, a metà tra le creative avventure di Marco Polo e la concretezza di Matteo Ricci. E con una certezza: non c’è da stupirsi di nulla quando si ha a che fare con le intuizioni cristiane di Giorgio La Pira. Al cardinale Wyszyński, alla vigilia del conclave che elesse nel 1958 Giovanni XXIII, il “sindaco santo” scrisse che «la storia sacra» sarebbe passata da Mosca per abbracciare «inevitabilmente la Cina». E non per chissà quale strategia ma per «l’ip otesi di lavoro» stabilita dalla Madonna a Fátima.
A La Pira era facile dare del “sognatore”. Oggi va constatato, però, che aveva ragione lui. La Cina era un suo pensiero centrale. Per assediarla, “con la preghiera”, aveva messo in campo i suoi due efficientissimi eserciti: i poveri di San Procolo e le monache di clausura. E aveva mosso anche le pedine “amiche” del suo personalissimo scacchiere geopolitico per far breccia nell’allora impenetrabile “grande muraglia cinese”: Enrico Mattei nell’economia e Amintore Fanfani nella politica. La Cina, insomma, andava abbracciata e «non esclusa dal consesso internazionale».
Con la sua creatività, La Pira non ha mancato di presentarsi direttamente ai cinesi. Ha accolto il sindaco di Pechino a Firenze, nel 1955, organizzando anche un incontro con il cardinale Dalla Costa: un gesto allora fuori da ogni protocollo. Non ha esitato a tempestare di lettere Chou En-lai per parlare di pace, ricevendo risposte non formali. È riuscito anche a mettere «furtivamente piede a Pechino », nel 1965, scovando persino una chiesa cattolica e un sacerdote con il quale cercò di stabilire «un qualche dialogo» parlando in latino. Pechino era una tappa sulla sua rotta verso Hanoi per incontrare Hochiminh e trovare una soluzione alla guerra in Vietnam. La pace, platealmente boicottata da ben altri interessi, venne firmata a quelle stesse condizioni nove anni dopo. Ma con una marea di morti in più.
C’è tutto questo nel libro Giorgio La Pira, Firenze e la Cina (Firenze 2016 – edizioni Polistampa), pubblicato in occasione di un’importante mostra ospitata in diverse sedi italiane e cinesi. E se è scontato che a promuovere l’iniziativa sia la Fondazione che porta il nome del “professore”, è interessante notare l’interesse da parte cinese. Testimoniato dalla comunità dei domenicani di Hong Kong. A Pechino conoscono La Pira. E lo conoscono bene anche in Medio oriente e a Mosca, come ebbe a rivelare Mikhail Gorbaciov in un’intervista al nostro giornale (3/4 novembre 1997).
Il libro, che si avvale della presentazione di Giulio Conticelli e di un saggio di Marco Pietro Giovannoni, è stampato in tre lingue: italiano, inglese e cinese. Con l’obiettivo dichiarato di far conoscere La Pira anche ai cinesi che ormai popolano le periferie della sua Firenze. Oggi più che mai, fa notare Conticelli, «i grandi flussi commerciali, tecnologici ed economici sembrano tracciare una nuova “via della seta” tra Firenze, l’Italia, l’Europa e la Cina: questo richiede che i viaggiatori siano forniti di un bagaglio anche culturale delle proprie radici, dei propri valori per un dialogo e un confronto pacifico in cui si incontrano civiltà antiche».
La Pira, anche quando non esistevano relazioni diplomatiche tra Italia e Cina, ha cercato di creare ponti tra mondi in opposizione. Lo ha fatto con l’est europeo separato dalla cortina di ferro, come anche tra ebrei e arabi. Temeva la logica dello scontro. «La Chiesa ha oggi questo grande mandato: essere la costruttrice di ponti, ovunque, per tutte le nazioni, tutte le culture, tutti i regimi, per tutte le religioni» scrisse nel 1974 a Paolo VI, suo primo riferimento. Le idee lanciate a raffica da La Pira hanno ispirato la politica italiana e quella della Chiesa e restano riferimento ancora oggi. Si possono discutere e non condividere. Ma, ebbe a rilevare Mario Luzi, La Pira «levò alto i pensieri ». Senza sogni e visioni, senza sguardo sul mondo, la politica si immiserisce nei gorghi del quotidiano.
Data recensione: 10/04/2017
Testata Giornalistica: L’Osservatore Romano
Autore: Giampaolo Mattei