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Più passa il tempo, più l’opera lirica diventa un’ossessione per Elio. «L’avventura è iniziata vent’anni fa – racconta il frontman-provocatore delle Storie Tese, diploma al conservatorio

Da Rossini a Bellini, da Donizetti a Verdi fino a Nicola Campogrande. Gli incontri con l’artista dedicati ai grandi compositori: si parte il 31 gennaio

Più passa il tempo, più l’opera lirica diventa un’ossessione per Elio. «L’avventura è iniziata vent’anni fa – racconta il frontman-provocatore delle Storie Tese, diploma al conservatorio, in flauto – quando Azio Corghi mi volle nella sua Isabella, opera ispirata all’Italiana in Algeri e commissionata dal Rossini Opera Festival di Pesare. Con la lentezza che mi contraddistingue mi sto sempre più appassionando al genere, soprattutto dal momento in cui mi sono reso conto che l’ambiente non pullula di Katie Ricciarelli ma di cantanti giovani, belli, simpatici, fan della mia band. E poi, ciliegina sulla torta, tutti ti chiamano “maestro”». Oggi l’amore è così grande da essere accompagnato dall’altrettanto urgente voglia di farne conoscere storia e segreti al grande pubblico. Mentre in edicola è in corso la collana di 20 dvd divulgativi che Repubblica gli ha affidato, qualcosa di simile va in scena al Niccolini di Firenze, dal 31 gennaio al 12 febbraio alle 21, prodotto dal Teatro della Toscana insieme a Parmaconcerti. Sei appuntamenti, ciascuno di 2 repliche, su altrettanti pilastri del melodramma: Gioacchino Rossini (31 gennaio-1 febbraio), Vincenzo Bellini (2-3 febbraio), Gaetano Donizetti (4-5), Giuseppe Verdi (7-8), Giacomo Puccini (9-10) e il vivente Nicola Campogrande (11-12) che per Elio sta scrivendo un’opera sul De bello gallico, di cui verranno proposti alcuni brani; la popstar, ovviamente, vestirà i panni imperiali di Cesare. Ideatore, e al banco di regia, Francesco Micheli, le parti vocali sono affidate ad un cast di giovani cantanti. Cosa accadrà sul palco del Niccolini? «Chi lo sa – esordisce Elio – sappiamo da dove partiamo, ovvero i grandi dell’opera italiana, ma non dove arriviamo. Proprio per questo essere sempre in fieri, l’evento si è dato l’appellativo di Cantiere Opera: lo spettacolo sarà un ibrido tra la lezione-concerto e prova in cui si svelano i meccanismi che stanno dietro alla creazione di un’opera e alla sua messinscena, con riferimenti al presente, e ad altre arti». Così Rossini sarà raccontato come lo Stanley Kubrick della musica per esplosiva genialità, Bellini come una rockstar per l’eccentricità, Donizetti come uno degli scomparsi di Chi l’ha visto tanto è misconosciuto, Verdi come un giovane ribelle per tante cause, Puccini come un profeta del cinema; «il cantiere – aggiunge Micheli – è metafora della ricostruzione di un immaginario collettivo in macerie: noi, come dei manovali, lavoriamo per restituire un’eredità ricchissima». L’obiettivo? Riempire il Niccolini di giovani: «Un signore pingue e accigliato, che mangia e beve ai quattro palmenti, “chi se ne importa, tanto ho dato”. Così l’iconografia ci ha tramandato Rossini. Purtroppo s’ignora che quando scrisse Il barbiere di Siviglia aveva 24 anni. Oggi, in Italia, chi ha quell’età è considerato un cretinetti che non farà un granché nella vita. E allora, con questo progetto vorrei che i ventenni di oggi capissero che è il loro momento, vorrei che smettessero di  considerare gli youtubers come degli dei, che si decidessero a scrivere qualcosa che potrebbe piacere al mondo». E basta con il fraintendimento «crossover». Tra le giustificazioni date al pasticciaccio tra lirica e pop, c’è quella che avvicinerebbe nuovo pubblico all’opera. Elio non ci sta. «Io la penso come Berio – dice – il crossover allude a due forme artistiche lontane che s’incontrano – prosegue Elio – invece lirica e pop non sono poi così distanti. Il male non è II Volo, ma i giovani che scelgono di fare quella roba perché funziona. Invece dovrebbero spaccare e mietere scandalo, come fecero Rossini e Verdi alla loro età». Roba, aggiunge Campogrande, «che della lirica fa ascoltare solo il suono, ma una voce impostata non fa necessariamente opera. Noi andremo oltre, sveleremo il backstage, le tecniche che nel tempo i cantanti hanno affinato per far arrivare la loro voce al pubblico, tra l’altro senza microfono». E ridaranno ai grandi maestri quella vita, quel colore che la cultura accademica più ingrigita ha tolto, «vorrei che si capisse una che questi compositori non sono statue immobili prosegue Elio – ma persone normali che hanno lavorato duramente per arrivare al successo, passando per tante sconfitte. Verdi addirittura non fu ammesso al conservatorio. E la beffa è che oggi proprio quell’istituto, a Milano, porta il suo nome». Mettersi sotto. Questo è, per Elio il discrimine che determina l’assenza di giovani promesse, oggi: «Si dice che non ci sono più talent-scout. Il problema è un altro: la grande carenza di talenti, e questo ha portato alla scomparsa di manager col fiuto e la voglia di investire. Le Storie Tese sono arrivate al primo album dopo 10 anni massacranti di concerti. Riempivamo i teatri, eppure nessuno ci aveva offerto un contratto, fino a che non arrivò la persona giusta. Oggi questa voglia di sbattersi mica c’è più».
Data recensione: 18/01/2017
Testata Giornalistica: La Repubblica
Autore: Fulvio Paloscia