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Lasciamo la statale in un punto imprecisato degli Appennini. L’asfalto finisce, si prosegue tra gli alberi fino al rifugio di Manfredi Lombardi; Manfredi, come si fa

Manfredi esce dal suo isolamento

Lasciamo la statale in un punto imprecisato degli Appennini. L’asfalto finisce, si prosegue tra gli alberi fino al rifugio di Manfredi Lombardi; Manfredi, come si fa chiamare da sempre. Pittore fiorentino che si è ritirato in Mugello da più di trenta anni e che il nove settembre inaugurerà una personale all’Archivio di Stato di Firenze: ‘Manfredi. Autobiografia della memoria’, trenta ritratti realizzati in acrilico su masonite.
Quando ha deciso di ritirarsi quassù?
«Nel 1975. Quando ero giovane Firenze era ancor un ‘paesone’, dove si poteva vivere, anche camminare lungo la strada. Oggi, invece, che ho quasi ottanta anni, sto molto meglio qui. Della città non mi manca proprio niente. Ogni tanto prendo la moto, una mia passione, e giro per i paesi, ci sono delle bellissime salite».
Maestro, quando è nato l’amore per la pittura?
«E chi lo ricorda? Avevo 17 o 18 anni. Comunque ho sempre fatto il pittore, è l’unica cosa che so fare. Un’aria che si respirava in casa, mia madre dipingeva».
E suo padre?
«Ufficiale. Da lui ho imparato la disciplina».
Che anni erano?
«Quando ho iniziato era il 1946, con l’Italia che usciva dalla guerra. Non era facile vivere dipingendo. Per arrivare a fare una mostra a quel tempo si dovevano aspettare anni».
Ma la sua strada era quella...
«Sì, anche se ci sono state alcune deviazioni di breve durata, per motivi economici».
Del tipo?
«Mi sono trovato a fare il cartellonista politico, per conto di diversi partiti, negli anni Cinquanta. Lo scontro era duro e la propaganda passava tutta per quelle figure affisse sui muri».
Partiti sia di destra sia di sinistra?
«Beh, a quei tempi la destra non c’era».
E la prima mostra?
«Nel 1956, di ritratti. I miei dipinti nascevano, e nascono ancora, da soggetti occasionali come da persone che fanno parte della mia vita, le mie sorelle, gli amici che vengono fin quassù».
La nuova esposizione?
«Stavolta non ho ritratto dal vivo. Ho ripreso dai documenti i personaggi che hanno influito sulla mia formazione culturale, i miei maestri, vissuti tra il 1700 ed il 1900, l’unica vivente è Margherita Hack».
Solo ritratti?
«In realtà ci sono anche tre grandi paesaggi di due metri, dei boschi».
I boschi del Mugello?
«No, quelli che ho negli occhi. Non mi interessa il naturalismo, io dipingo con i mezzi della memoria. La natura è un’allegoria umana».
Cosa vuol trasmettere Manfredi con i suoi quadri?
«Non ho un obiettivo pedagogico. Io sono al mondo, lo guardo e, se mi piace, lo dipingo. Qualcuno potrebbe dire che così non serve a niente, ma la pittura è questo».
La nuova mostra, dopo anni passati senza esporre a Firenze, sarà un’opportunità unica di conoscere Manfredi in tutte le sue sfaccettature, sia come artista sia come uomo. Le sue opere, omaggio a grandi come Tolstoj e Dostoewskij, saranno accompagnate da una selezione di aforismi che lui stesso ha definito un Olimpo di idee, musica, gesti, azione e poesia. È solo grazie alle pressioni di un mecenate straniero, che ha voluto restare anonimo, che potremo conoscere i suoi gusti musicali, letterali, filosofici, la sua personalità e capire cosa lo abbia spinto nel suo ‘aventino’.
Data recensione: 27/08/2006
Testata Giornalistica: La Nazione
Autore: Nicola Di Renzone