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Sorvolano sul gossip, «la cultura moderna» del terzo millennio, libellule leggere dalle ali blu, come lo storico sangue di famiglia. Al più, se sulle ali trasparenti rimane un po’ di melma, loro le

Sorvolano sul gossip, «la cultura moderna» del terzo millennio, libellule leggere dalle ali blu, come lo storico sangue di famiglia. Al più, se sulle ali trasparenti rimane un po’ di melma, loro le scuotono, liberandosene con grazia e leggerezza. Sono le giovani aristocratiche d’oggi, impegnate sì, (noblesse obblige) in ricevimenti, balli delle debuttanti, opere di beneficenza, ma anche in studi e attività nel sociale e nel campo dell’arte. Il loro motto, a parte quello sul blasone, è lo stesso di Papa Leone XIII: «Non sarà mai senza importanza un chiaro nome degnamente portato». Cominciamo come in una favola intitolata «Le più belle del Reame»: c’erano una volta, anzi ci sono oggi a Roma, tre belle principesse cui una buona fata ha fatto molti doni. Sono Natàlia e Irina (23) Strozzi e Barbara Massimo. Natàlia Strozzi (29 anni) è un’artista a tutto tondo. Parla 7 lingue, compreso il russo e il dialetto toscano come l’origine della sua famiglia. È cosmopolita anche se la sua italianissima casata, Guicciardini Strozzi, risale al 1.020. A 12 anni, spinta dal sacro fuoco, (invece che con le bambole aveva sempre giocato con il tutù camminando sulle punte) va a Pietroburgo a studiare danza classica all’accademia Vaganova, la stessa del divino Nureyev. Presto diventa solista del Teatro Kirovjeato e, a 13 anni, gira un film con Nueyev, suo mentore. In Italia, in TV, debutta a 10 anni sotto l’ala dell’esperta di balletto Vittoria Ottolenghi (trasmissione «ieri, oggi e domani»). Balla una sua coreografia e suona il piano che ha studiato fin da piccola esibendosi in concerti con la sorella Irina. Recita in teatro abbinando spesso al testo la danza, il pianoforte e il canto. Colleziona vari premi («Targa europea», «Tersicore d’oro», «Prix Lùmiére», «Premio Positano»). Ha già scritto la sua prima biografia, supportata da 270 foto con i più famosi personaggi dell’arte e della cultura mondiale, con stile gradevolissimo e documentatissimo («Facile da ricordare», Polistampa editore). La vedremo l’8 agosto in TV, su Rai Uno in «Sognando Hollywood - Premio Alberto Sordi». Attualmente è corteggiatissima ma non è fidanzata. Siccome è anche spiritosa confida: «Dopo un po’ i corteggiatori scappano». La sorella Irina Strozzi, 23 anni, al contrario è fidanzata, ma non rivela il nome del fortunato, anche lui «natural aristocratic born». Laureata in economia, sta specializzandosi alla Bocconi di Milano. Era anche lei «une enfant-prodige», molto portata per il piano e il balletto; ma un economista in famiglia ci voleva, perché c’è la millenaria azienda agricola di famiglia a Cusona, attiva fin dal 1.012, e altre due aziende in Maremma e Pantelleria. «La vernaccia che produciamo, assieme con i vini "Morellino super tuscan", lo spumante, la grappa e il vinsanto, è citato da Dante nel suo Purgatorio e da Boccaccio nel "Decamerone" come vino "che bacia, lecca, morde, picca e punge», spiega Irina. «Io mi occupo dell’amministrazione delle aziende - continua - e della loro promozione in tutto il mondo. Ma parlo soltanto cinque lingue. Con Natàlia ho anche seguito un corso da sommelier. Oggi non basta essere nobili, bisogna dimostrarlo con il valore delle proprie azioni. Cos’è l’eleganza? È soprattutto un abito morale. È attenzione verso gli altri». C’è da scommettere che Natàlia e Irina non si vedranno mai in città con il «beach-style», ombelico al sole e mini-shorts. Anche se sono molto belle. E adesso passiamo dalla terza principessa della nostra dorata lista. Barbara Massimo, 36 anni, fidanzata con il principe Scipione Borghese, anche lei molto spiritosa. Barbara appartiene alla famiglia romana più antica dell’Urbe e anche d’Europa. Il motto sullo stemma è «Cunctando restituit». Infatti narra la leggenda che i Massimo discendano dalla Gens Fabia a cui apparteneva Quinto Fabio Masssimo, il temporeggiatore (cunctator), vincitore di Annibale. A questo proposito Barbara racconta un aneddoto storico: «Ai tempi dei patti di Tolentino un mio avo, rappresentante del Vaticano, incontrò sul luogo Napoleone. "Ditemi cittadino Massimo" - lo apostrofò con una certa alterigia l’imperatore che, essendo di piccola nobiltà corsa, era molto snob - è vero che discendente da Quinto Fabio Massimo?"; "Io non lo so per certo cittadino generale" rispose il mio avo, ma è una storia che si tramanda nella mia famiglia da 2.000 anni!"». Barbara è una studiosa della storia di Roma. Racconta che si chiama Barbara come una sua antenata Savelli che sposò un Massimo destinato a sposare Cristina di Sassonia. Questo suo avo fu il mecenate che ospitò nella sua cinquecentesca dimora un alchemista-occultista che lavorava in uno studio, chiuso dalla famosa «Porta magica» con i suoi inquietanti geroglifici ancora indecifrabili, tuttora visibili a Piazza Vittorio all’Esquilino. Barbara non crede all’esoterismo, ma all’astrologia che considera una vera scienza tanto che è titolare di una seguita rubrica di oroscopi su un diffusissimo settimanale. Fin da ragazzina ha fatto la modella ed è tuttora indossatrice e testimonial della stilista giapponese (l’Armani del Sol Levante) Yumi Katsura. E adesso, «c’erano una volta, e anche oggi a Roma altre due nobili fanciulle che vivevano nei loro meravigliosi castelli». La prima è la marchesa Stefania Nduta Soprani Patrizi, 24 anni. Nduta è un nome kikuyo, come la famosa etnia keniota. Stefania, pur di famiglia toscana risalente al 1000, è infatti nata a Nairobi nella lussureggiante tenuta dei genitori e fino a 5 anni parlava solo kikuyo, come la sua colorata tata Wanjiro. In italiano diceva solo le preghiere della sera insegnatele dalla mamma. Ora che eletto Roma a sua città parla 4 lingue, pratica equitazione, nuoto, sci nautico e salto ad ostacoli a livello agonistico. Ha il mal d’Africa, sicuro, ma da quando a sei anni mamma Patrizia l’ha riportata in Italia per frequentare l’esclusiva scuola del Sacro Cuore a Trinità dei Monti, ha pure il mal d’Italia. Ha debuttato in società a 18 anni con un gran ballo nella millenaria Rocca di Rasina, antico feudo della casata. È un’originale pittrice. Nelle sue tele si mischiano sentimentalmente i colori incandescenti dell’Africa e quelli dolci delle colline toscane. Non per niente è nipote di Pietro Dorazio. Con la sua cultura multietnica, anzi global, è una fantasiosa cuoca, come dire dalla fiorentina ai piatti del continente nero. La mamma Patrizia, invece, no. Stefania confessa che non sa cucinare nemmeno un uovo (neanche di struzzo) e prega di non dirlo. Ecco fatto! Per concludere, un brindisi doc, anzi D.O.G.G., perché adesso parliamo della contessa Stella Viola di Campalto, figlia di Guia Lenzi Orlandi Cardini e di Marco Viola di Campalto, casa a Roma, ma azienda (Podere di S. Giuseppe) di cui è manager a Montalcino, dal ’98. Produce olio, vino rosso e un prezioso Montalcino. È fornitrice della Casa Reale d’Inghilterra. Vino e olio sono ancora prodotti artigianalmente, iscritti D.O.G.G., con un sistema biologico e imbottigliati a mano. «Non vogliamo industrializzarci, ma rimanere "piccoli", un prodotto di nicchia e di élite anche se esportiamo fino in Giappone», dice la bella vignaiola. A Roma, Stella abita a due passi dal Circolo della Caccia a Palazzo Borghese, dove ebbe la favolosa festa dei suoi 18 anni. Viaggia molto per lavoro ma trova il tempo di praticare l’equitazione e di fare mostre fotografiche con i suoi scatti rigorosamente in bianco-nero. Il brindisi che offre Stella a chiusura dell’incontro è vino di Montalcino, naturalmente. E non fa rimpiangere lo champagne millesimato.
Data recensione: 06/08/2006
Testata Giornalistica: Il Tempo.it
Autore: Delfina Metz