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Luci nella notte che ricordano la leggerezza dei lavori di Eileen Gray, torce sospese che si attraggono per calamita, sedute ‘da terra’ e altalene di meditazione.. Siamo a Montevarchi, e precisamente a Villa Gaeta

Luci nella notte che ricordano la leggerezza dei lavori di Eileen Gray, torce sospese che si attraggono per calamita, sedute ‘da terra’ e altalene di meditazione.. Siamo a Montevarchi, e precisamente a Villa Gaeta, dove da qualche tempo è in corso un’iniziativa di rara qualità. Si tratta di Pinetum, manifestazione annuale ideata da Bruno Boretti, Silvia Fabbroni, Laura Moretti e Guido Pellegrini, volta a rilanciare un prezioso tassello del territorio toscano attraverso il gesto creativo. Cosa che ha portato, in un primo tempo, al coinvolgimento di giovani artisti chiamati a realizzare opere in sito che animassero in maniera permanente il parco e la magione (edizioni 2013 e 2014), e che oggi vede un interessante esempio di “innesto” tra natura e design. Per cui, secondo il progetto del citato board, supportato dal negozio fiorentino Self Habitat, tre noti mentori - Vanni Pasca, David Palterer e Giulio Iucchetti - hanno individuato tre giovani progettisti di talento, e hanno affidato loro il compito di intervenire con armonia nell’arboreto che completa la dimora. La sfida non era facile. I progetti dovevano intessere un dialogo silente con gli alberi, scelti sul finire dell’800 da Giuseppe Gaeta, avvocato di Bettinn Ricasoli, che acquistò la villa e che con la sua passione per la botanica le diede la sua impronta più significativa. E al contempo relazionarsi ad un contesto già ricco di memorie, costituito dalla casa in sé - più volte rimaneggiata e quindi ricca di tracce, come gli affreschi su più livelli - e dalle opere d’arte disseminate nei suoi meandri durante le precedenti edizioni di Pinetum. Ma “la mano responsabile dei giovani designer può scegliere, sentire le mani lo spirito del luogo nell’incidere, modularsi alla trasformazione in atto, allo scambio”, concorrendo a quel processo di stratificazione che ha reso così ricche e interessanti molte dimore della storia. Ecco allora i progetti luminosi di Vittorio Venezia, allievo di Vanni Pasca, concepiti come segni lievi che inquadrano il paesaggio e quasi vibrano al passare del vento. Ecco le sedute da terra di Sara Barbieri & Alessandro Schiavoni, segnalati da David Palterer per la loro propensione all’osservazione e all’ascolto. E, infine, gli sgabelli in cotto e l’altalena infinita di Mario Scairato, presentato da Giulio Iacchetti come “un guaglione che ha tanto da dire nel mondo del progetto”.  Tra le cose più belle, per chi ha preso parte all’inaugurazione di questa terza edizione di Pinetum, svoltasi il 12 settembre, è stata l’atmosfera di partecipazione con cui artisti e amici dalle più svariate professioni sostengono l’iniziativa, nonché questa idea di passaggio di testimone, di generazione in generazione, secondo un flusso continuo di trasmissione delle cose e del sapere. Non a caso, come ci ricorda Guido Pellegrini, innestare significa “inserire nel vivo della pianta una parte viva di un’altra pianta, attendere la crescita fino al fiore, far maturare il frutto fino al seme nuovo, veder spuntare un germoglio e, a suo tempo, inserire nel vivo della giovane pianta il vivo di un’altra pianta ancora. Nel cuore del parco, nel giardino intorno alla casa, tra le conifere e le ortensie, pensando al futuro.”
Data recensione: 01/10/2015
Testata Giornalistica: Design Diffusion Magazine
Autore: Francesca De Ponti