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L’inurbamento degli anni Cinquanta del Novecento è stato un avvenimento che ha riguardato tutti gli italiani, direttamente o indirettamente. Ha modificato la vita sociale e i rapporti interpersonali.

L’inurbamento degli anni Cinquanta del Novecento è stato un avvenimento che ha riguardato tutti gli italiani, direttamente o indirettamente. Ha modificato la vita sociale e i rapporti interpersonali. Ha inciso nell’animo delle persone coinvolte, spesso in modo duraturo e profondo. Quello che poteva sembrare solo un trasloco dalla campagna alla città, è stato un cambiamento epocale. Spesso traumatico, a livello individuale. Un cambiamento di abitudini, di valori.
I giorni dell’Esodo di Franco Manescalchi è il racconto di questa esperienza personale espressa in una prosa asciutta e lirica.
Già il titolo evidenzia come quell’episodio del passaggio dalla campagna fiorentina alla dimora in città si caratterizzi come un ‘evento’ diventi un ‘esodo’, appunto.
La tecnica narrativa scelta è quella soggettiva: si dà voce ai tre protagonisti, il padre Guido, la madre Bruna, il figlio Franco. Questo permette di esprimere i sentimenti di ognuno e di dare diversi significati affettivi al mondo evocato, alle persone, le cose, le azioni, le parole. Ne deriva quasi una visione tridimensionale, un racconto plurale che rende ancora più viva e più vera quell’esperienza di sradicamento e passaggio. Il libro si compone di una parte prima dell’esodo, che ridà vita al mondo della campagna, con i suoi tempi lunghi, i suoi valori duraturi, le parole precise, ereditate dagli avi, piene di conoscenza del mondo naturale e dell’essenza stessa dell’esistere, e della parte dell’esodo e dell’inurbamento, con conseguente spaesamento e disagio.
I protagonisti, specialmente il padre e la madre, emergono con tutta la loro personalità, semplice e nitida. Uguali a tanti altri che vivevano nelle stesse condizioni, eppure unici: consapevoli continuatori di un vivere quotidiano tramandato di generazione in generazione, diventano via via protagonisti, semplici e insieme quasi eroici, delle proprie vicende, soprattutto nel momento del necessario cambiamento.
E intorno a loro ci sono molti altri personaggi, ognuno con la propria individualità, che arricchiscono e danno significato a un mondo variegato, ricco di sentimenti e di valori: s’intravvedono tante singole storie svolgersi parallelamente ai fatti della Storia, e spesso intrecciandosi con quelli.
Il racconto è volutamente semplice, intessuto di affetti e di pudore. Non indulge a nostalgie, rappresenta in modo partecipato e rispettoso. Dipinge un mondo quotidiano e insieme sospeso in un tempo quasi mitico, pieno di saggezza e umanità, che resta integro all’interno dell’animo e integro ritorna nel’evocazione della pagina scritta.
Il linguaggio è sapiente, esperto, asciutto, talvolta pieno di poesia: “il tempo aveva lievitato con il pane che gonfiava e si trasformava come una crisalide nel forno di casa”, per fare un esempio o ancora “C’è ancora chi canta nella piana, fra gli ultimi ciuffi stralciati dalle grandi arterie”.
Un poemetto familiare questo di Franco Manescalchi,un libro-testimonianza, che ci aiuta a non perdere le radici, a ritrovare parte di noi stessi, rievocando quel mondo di campagna nel momento del’inurbamento.
Data recensione: 01/06/2015
Testata Giornalistica: Erba d’Arno
Autore: Giuseppe Baldassarre