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Anche in questo ultimo libro, “il novecento a zig zag. Effrazioni critiche sugli aspetti figurativi della pittura”, Marco Fidolini si dedica all’esame

Anche in questo ultimo libro, “il novecento a zig zag. Effrazioni critiche sugli aspetti figurativi della pittura”, Marco Fidolini si dedica all’esame della produzione artistica, sopravvalutata o sottovalutata che sia, di svariati artisti del secolo scorso. Naturalmente Fidolini lo fa alla sua maniera. Ovvero provando ancora una volta a scompaginare, con una sorta di “crestomazia critico pittorica” supportata da un utile e consistente apparato iconografico, le nutrite fila di un “conformismo esegetico” e a smascherare un’imperdonabile “omologazione promiscua” che ovviamente travalicano l’ambito artistico. Alterazioni a cui s’accompagnano vertici e flessioni presenti spesso nell’opera del medesimo artista. Vertici e flessioni che sebbene siano abbastanza comprensibili sul piano biografico (ma le eccezioni non mancano a dimostrare il contrario) risultano inconcepibili quando sfuggono al vaglio dei critici. Fino a diventare vere e proprie truffe nel momento in cui alcuni di loro ignorano volutamente tali oscillazioni per favorire, dilatando e approfondendo “lo scarto fra l’opera d’arte e la sua simmetria esegetica”, la stima monetaria sia di un singolo dipinto che dell’opera completa. Tuttavia qui preme concentrare l’attenzione su una ristretta scelta di capitoli comprendente una ridotta schiera di pittori tramite i quali l’autore sottintende implicitamente il raffronto con il proprio cinquantennale lavoro accostabile, seppure per fasi distinte, agl’interni dechirichiani, ai paesaggi sironiani, ai giocattoli saviniani, ai deformi baconiani, agl’inventari ferroniani. A tal proposito, e andando per ordine, risultano esemplari le parole vergate a sottolineare il percorso di Giorgio de Chirico di cui Marco Fidolini riconosce valore assoluto e indiscutibile ai meno sondati, anche dalla critica più autorevole, interni metafisici. Pregi inventivi e qualità espressive di cui egli offre incisiva e approfondita giustificazione affondando l’affilata lama interpretativa dello “specifico pittorico” nel corpo vivo e pulsante dell’opera d’arte autentica (”de Chirico sposta... nella vita”). In realtà tale interpretazione di Fidolini può essere intesa come un esplicito rimando ai pochi quadri dei cosiddetti giocattoli eseguiti fra il 1927 e il 1931 da Andrea Savinio. Dipinti nei quali il minore dei fratelli de Chirico sembra compiere la mutazione pittorica degli oggetti disposti negli interni metafisici del fratello maggiore. Una metamorfosi figurativa i cui esiti apicali risultano utili ad affiancare e necessari a sostenere l’idea saviniana secondo cui essendo la vita una sconfitta questo fallimento soverchia il passato infantile – del quale i giocattoli sono indubbio emblema ma non pena o consolazione esclusive – perpetuandosi nell’attesa infinita, giacché per sua natura volta al futuro dipinta anni prima da Carlo Carrà ne “La casa dell’amore” (1922). Un quadro che se da un lato offre la possibilità a Marco Fidolini di ribadire l’opacità e la debolezza dell’opera complessiva di Carrà, dall’altro gli consente di confermare il suo giudizio su tale singolo dipinto definendolo “una potente calamita pittorica”. Un capolavoro cui egli rende ulteriore omaggio attraverso un altro mirabile esempio di esame critico lenticolare (”Anche qui... desolante attesa”) frutto dell’approfondimento delle sue conoscenze e della propria maturazione professionale, oltre che di limpida onestà intellettuale. In lui non certo sorprendente ma assai lontana e rifuggita da chi detiene il Potere (l’Occidente americanizzato) in grado di influenzare, spesso irreversibilmente, l’ordine dei valori e le conseguenti fortune mercantili anche nell’ambito della storia dell’arte. Esempio significativo di ciò sono “le rispettive vicende di Edward Hopper e Felice Casorati” accostate dall’autore in un capitolo che ben riassume il divario oggi crescente tra il valore di un’opera d’arte e il suo prezzo di mercato. Per fortuna anche in questo caso alla fluttuante deriva mercantile per la quale Hopper è più noto e commerciale, Marco Fidolini oppone il sicuro e stabile approdo dello specifico pittorico secondo cui il valore artistico complessivo di Casorati risulta superiore. Contingenze note che – per opposte ragioni legate non al trionfo del modello statunitense bensì alla sconfitta del fascismo nostrano a cui il pittore sardo aderì – riverberano in Mario Sironi della cui opera Fidolini prende in considerazione gli “straordinari paesaggi urbani”. Un primato pittorico manifestamente anticipatore di “molta pittura internazionale”, fino a quella di Edward Hopper e Charles Sheeler. Ma se l’importanza innovatrice dei paesaggi urbani di Sironi risulta ancora sottovalutata, per quanto riguarda invece l’influenza di Francis Bacon sul “modello estetico dell’arte moderna e contemporanea” Marco Fidolini non solo ha pochi dubbi ma la certifica (”Forse, oltre la figurazione di Francis Bacon non ci sono ulteriori vie alla deformazione”). E per farlo egli punta di nuovo sul vero bersaglio il mirino delle conoscenze nonché il grilletto dell’occhio e i colpi della prassi pittorica. Ciò gli permette non solo di abbattere i molti sbilanciamenti esegetici avvinti dalla “pittura impoverita” degli Anni Cinquanta ma di salvare e consacrare una lunga stagione di capolavori, testimone, oltretutto, di un’insolita sterzata “a marcia indietro” sorretta da “una coerenza e una vitalità creativa” di cui fanno invece difetto le fasi terminali dell’opera di Giuseppe Guerreschi e di Gianfranco Ferroni. Un magistero pittorico e grafico, quello della coppia suddetta, che ha rappresentato in Italia il culmine artistico compreso nel decennio 1960-1970. Apice creativo da cui, tuttavia, Fidolini non esita a stanare debolezze e cadute appartenenti all’ultima produzione dei due. Produzione virtuosistica quanto innocua, quindi rassicurante tanto la testa dello spettatore ignaro della scala dei valori quanto incoraggiante la tasca dell’incauto cliente pronto a pagare il prezzo richiesto dalle quotazioni fasulle sulle quali pare fondarsi e sostenersi gran parte del mercato dell’arte e non solo.
Data recensione: 10/09/2015
Testata Giornalistica: RiContemporaneo.org
Autore: Sauro Largiuni