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Nato a Parigi nel 1848 e morto a Celigny, sul lago di Ginevra, nel 1923, Vilfredo Pareto volle sempre conservare la nazionalità italiana, imponendosi come uno dei nostri più importati studiosi a cavallo tra il XIX e il XX secolo

Nato a Parigi nel 1848 e morto a Celigny, sul lago di Ginevra, nel 1923, Vilfredo Pareto volle sempre conservare la nazionalità italiana, imponendosi come uno dei nostri più importati studiosi a cavallo tra il XIX e il XX secolo, capace di spaziare con successo dall’economia politica alla filosofia, dalla matematica all’ingegneria. Accanto al’indubbia italianità di Pareto, è possibile riconoscere anche la sua toscanità, dal momento che soggiornò in Toscana dal 1870 al 1893, ricoprendo incarichi dirigenziali presso varie aziende, tra cui la ferriera di San Giovani Valdarno, la miniera di lignite di Castelnuovo dei Sabbioni (Arezzo) e il laminatoio di Mammiano Basso (Pistoia). Si trattò di un periodo significativo per il celebre economista, come attesta il recente volume Vilfredo Pareto nella Toscana del secondo Ottocento. Un’antologia di scritti editi e inediti, curato da Simone Fagioli (Edizioni Polistampa, pp. 182, euro 16). Durante gli anni toscani, Pareto si fece le ossa sul campo e nello stesso tempo gettò le basi delle sue famose dottrine, intrattenendo, fa l’altro, fecondi rapporti con l’Accademia dei Georgofili. Nel 893 divenne professore all’Università di Losana, per poi affermarsi come uno dei maggiori economisti del suo tempo: non v’è dubbio che l’acqua dell’Arno gli abbia fatto molto bene.
Data recensione: 15/08/2015
Testata Giornalistica: Libero
Autore: Maurizio Schoepflin