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Giovanni Spadolini fa ancora lezione. Di giornalismo. Che per lui era impegno etico, cultura, dignità, decoro. Senso profondo della responsabilità e del ruolo della professione.

La lezione del «direttore» negli articoli sul «Carlino»

Giovanni Spadolini fa ancora lezione. Di giornalismo. Che per lui era impegno etico, cultura, dignità, decoro.
Senso profondo della responsabilità e del ruolo della professione. Culto del rispetto e dello stile. Spadolini fa ancora lezione - se ancora non è irrispettoso - a quasi 12 anni dalla morte e a 51 (era il febbraio del 1955) da quando, non ancora trentenne, assunse la direzione del ‘Carlino’. Erano lì in bella mostra, nel tardo pomeriggio di ieri, nella loro rilegatura marroncina (come il colore della ‘Nuova Antologia’, la ‘sua’ rivista) i 7 tomi curati da Paolo Bagnoli per le Edizioni Polistampa che raccolgono il migliaio di articoli pubblicati dal professore durante la sua direzione del qutidiano. ‘Il Resto del Carlino 1955-1968’: questo il titolo dell’opera (per la precisione, il volume IV degli scritti giornalistici spadoliniani) presentata ieri nell’oratorio di San Filippo Neri.

Al tavolo, Cosimo Ceccuti, l’erede di Spadolini, custode dei suoi archivi e presidente della fondazione Spadolini-Nuova Antologia; lo storico Angelo Varni, anche lui allievo del professore; il sindaco Sergio Cofferati, e Giancarlo Mazzuca, direttore del ‘Qn’ e del ‘Carlino’. E proprio Mazzuca, rievocando certi colloqui avvenuti quando già la carriera di Spadolini aveva preso la via della politica ha ricordato: «Lo chiamavo presidente o professore, ma lui mi interrompeva e mi diceva: ‘Chiamami direttore’».
Il che corrisponde, a ben vedere, alla linea secondo cui Spadolini intese il proprio lavoro fra le linotype (il giornale si faceva così). Non come un’avventura casuale, dettata da quale che fosse motivo di interesse, ma come un modo per «formare le coscienze» (lo ha osservato Varni), per trasmettere una visione complessiva della realtà, dove la politica non fosse mai disgiunta dal livello culturale. Tutto questo nel contatto con una città che, tra gli anni ’50 e ’60, quelli appunto del ‘Carlino’, mutava volto e vedeva l’amministrazione ‘rossa’ fare cittadino onorario il cardinale Lercaro. Una città che per Spadolini, lo ha detto Ceccuti, era una chiave unica per capire l’Italia.

Da avversario sulla frontiera sindacale, Cofferati ha riconosciuto «a quel grande conservatore una statura e un rispetto dell’interlocutore difficili da trovare». Ma è la parola un po’ magica - ‘qualità’- che gira, come un miraggio, tra chi fa questo mestiere, a restare più viva. Ha ammonito Mazzuca: «Occorre rafforzare la funzione selettiva del giornalismo scritto». La lezione del direttore Spadolini ci lascia questa sfida.
Data recensione: 23/06/2006
Testata Giornalistica: La Nazione
Autore: Cesare Sughi