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Pittore, architetto, scenografo, designer, costumista: Paolo Tommasi, artista riservato e schivo, a 87 anni ha deciso di raccontarsi

Pittore, architetto, scenografo, designer, costumista: Paolo Tommasi, artista riservato e schivo, a 87 anni ha deciso di raccontarsi in un libro curato da Caterina Napoleone e in una mostra che resterà aperta fino al 3 aprile presso il teatro di Villa Torlonia. «L’ho reincontrato, dopo tanto tempo di lontananza, nelle strade deserte di una Roma assolata di agosto. Gli ho proposto di condividere il patrimonio della sua esperienza ricca e complessa», racconta Caterina.
Il portico del Teatro e il volume, intitolato «Paolo Tommasi. Alla ricerca dell’armonia», edito da Polistampa, raccolgono oggetti, disegni, dipinti, costumi realizzati dal poliedrico creativo che in oltre sessant’anni di carriera è passato dalle marionette di Maria Signorelli alla compagnia di Sergio Tofano, dalle mostre nella galleria l’obelisco di Irene Brin e Gaspero del Corso all’arredamento di interni per personaggi come le sorelle Carita e Roberto Capucci, dal cinema di Mario Monicelli e Lina Wertmüller alla messa in scena di tragedie greche e commedie moderne per Squarzini, Albertazzi, Gassman, Garinei, Lavia, Sepe. Approdando, passo dopo passo, a una visione del mondo regolata dalla perfezione, dalla bellezza e dall’armonia. Vi è arrivato attraverso un percorso contorto e doloroso, segnato dall’incubo della deportazione del padre a Mauthausen e dal suo annientamento nei forni crematori. Nel dopoguerra andò a ricercarne le tracce. Per riemergere dall’incubo affrontò una lunga analisi junghiana.
Poi intraprese il giro del mondo. Scoprì l’India, e decise di dividere equamente la propria vita tra il luminoso attico romano e un minuscolo appartamento a Pondichéry, nell’India del Sud. Qui affina le architetture visionarie che rendono impalpabili i suoi dipinti: cattedrali e paesaggi urbani evanescenti, cieli infiniti e silenziosi. Trasferisce negli arredi delle case europee i coloratissimi shantung indiani, le cornici in legno laccato, le forme pure ed essenziali dei vasi. Cuce coperte per custodire i sogni. Inventa costumi teatrali ispirati al mondo della natura.
«La prima campionatura di colori che mi portò fu un sacchetto di foglie autunnali cadute dai platani del lungotevere, scelte e raccolte per le loro infinite sfumature, dal rosso al giallo al marrone», racconta il costumista Gabriele Mayer, che nel libro ha unito la sua testimonianza a quelle dello psicanalista Mario Trevi, dell’arista Bruno Caruso, di attori e registi, di Tommasi stesso che così sintetizza la propria ricerca: «Eliminare ogni superfluo, per tendere all’essenziale, a ciò che qualcuno ha chiamato il cuore delle cose».
Data recensione: 22/03/2015
Testata Giornalistica: Corriere della Sera
Autore: Lauretta Colonnelli