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La data da tenere a mente è il 22 novembre del 1864. Fu in quel giorno che la Commissione Comunale di Firenze conferì a Giuseppe Poggi l’incarico di ampliare la città

La data da tenere a mente è il 22 novembre del 1864. Fu in quel giorno che la Commissione Comunale di Firenze conferì a Giuseppe Poggi l’incarico di ampliare la città di Firenze in vista della sua proclamazione a capitale del regno d’Italia, dopo che la convenzione di Parigi, in settembre, aveva stabilito che questa non poteva più essere Torino. È questa data a fare da spartiacque tra due facce della città - Firenze com’era prima di diventare capitale e Firenze com’è oggi - che sono materia della mostra al via oggi all’Archivio di Stato di Firenze, con la curatela di Piero Marchi e l’impegno dell’Ente Cassa di Risparmio. Una capitale e il suo architetto, è il titolo, s’inaugura a 150 anni esatti dall’arrivo del re Vittorio Emanuele II in città (avvenuto il 3 febbraio del 1865) e sarà visitabile fino al 6 giugno (lunedì-venerdì ore 9-17; sabato e domenica 10-13).
Tra i pannelli e i documenti ecco la Firenze pre Poggi con ancora intatte le sue mura e quella post Poggi con i viali, compreso quello che porta su al piazzale. Che Poggi per questa trasformazione sia stato anche parecchio criticato è cosa nota. E però lungo il percorso espositivo - contiene un’ampia sezione di quadreria, molti carteggi e appunti dello stesso architetto, oltre che suoi strumenti di lavoro - si intende evidenziare anche un altro punto di vista. Diciamo più favorevole a una riabilitazione dell’opera dell’architetto. Siamo sicuri, è il quesito che ci stimola la visione della mostra, che le trasformazioni firmate da Poggi siano state una sequenza di errori? E ancora siamo sicuri che queste ultime siano state volute tutte quante dall’architetto e urbanista? La risposta, a giudicare dai materiali esposti è: no.
Intanto si apprende, per chi non lo sa già, che per esempio l’input a tirare giù le mura arrivò al Poggi dai suoi stessi committenti (anzi lui si battè e con successo per salvare le porte) e non fu il risultato di una sua iniziativa. Studiò attentamente le essenze vegetali che dovevano abbellire i viali, soprattutto quello dei Colli solo per fare un esempio. E ancora, se non bastasse, si scopre che si occupò di mettere in sicurezza i corsi d’acqua dell’Affrico e del Mugnone e in parte dell’Arno con la progettazione di nuovi lungarni. Erano gli anni in cui Firenze si adeguava a una crescita notevole della sua popolazione, con l’arrivo della corte, dei ministeri, del Parlamento. Ed era quindi normale che nascessero nuove strade, nuovi quartieri e nuova abitazione per i nuovi cittadini. Ed era anche normale che alcune dimore storiche diventassero sede dei nuovi uffici, con Palazzo Vecchio sede del Parlamento e gli Uffizi del Senato, San Firenze a ospitare il ministero della Pubblica Istruzione. Erano gli anni in cui la passione per i cavalli del re faceva nascere le sue scuderie  a Porta Romana e le Pagliere. Erano gli anni del grande movimento in avanti. Dopo non ce ne sarebbe stato più uno di tale portata tranne la breve accelerazione, ma di più limitata portata, durante gli anni del Fascismo.
Data recensione: 03/02/2015
Testata Giornalistica: Corriere fiorentino
Autore: Chiara Dino