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Negli ultimi decenni è andata accentuandosi in Italia (complici anche alcune spinte centrifughe a livello politico) una tendenza

Negli ultimi decenni è andata accentuandosi in Italia (complici anche alcune spinte centrifughe a livello politico) una tendenza storiografica che vorrebbe ammantarsi di motivazioni revisioniste, ma che, in realtà, non riesce ad andare oltre un acritico tentativo di riabilitazione e/o svalutazione. Al centro delle attenzioni di tale tendenza è il processo risorgimentale nel complesso e nelle sue varie fasi e, di conseguenza, la situazione di quei territori (in particolare il Regno delle Due Sicilie) entrati a far parte del nuovo Stato unitario. Il fenomeno del brigantaggio, e la sua repressione anche brutale da parte dell’esercito italiano, offrì ovviamente nuovi appigli sia, al momento, ai fautori (prima fra tutti la Chiesa) di un ritorno dei Borbone sul trono, sia successivamente, sino ai nostri giorni, ai «nostalgici» di personaggi e di regimi ben poco difendibili, al punto da scambiare il brigantaggio stesso per una nuova Vandea. Su quel fenomeno, e sulle varie implicazioni interne e internazionali, si è svolto nel dicembre 2013 un convegno di studi a Salerno, i cui atti, curati da Gabriele paolini, sono stati pubblicati, a distanza di un anno, dalla Fondazione «Spadolini Nuova Antologia». Il volume prende in esame le varie connessioni interne e internazionali del brigantaggio e della questione meridionale, senza sottacere ritardi e insufficienze della classe politica unitaria, che a larga maggioranza - come sottolineato da marco Sagrestani -pensò a una rivolta legittimista cui rispondere con la sola arma della repressione. Quanto ai commenti provenienti dall’estero, essi risultano condizionati da motivazioni legate alle specifiche situazioni interne: fu così per gli Stati Uniti, dove sull’interesse dell’opinione pubblica per le imprese garibaldine finirono per prevalere, come sostiene Luca Castagna, gli eventi della Guerra di Secessione. Sulla stampa anglosassone il giudizio sulla situazione nel sud d’Italia risentì fortemente - come rilevato da Donato Di Sanzo - delle polemiche contro il potere temporale, tipiche dell’ «antipapismo» inglese; mentre in Francia, al di là dell’interesse dell’opinione pubblica per le gesta dei briganti, le difficoltà incontrate dallo Stato unitario offrirono il destro, secondo Giovanni Ferrarese, a Napoleone III per ribadire la necessità della presenza di truppe transalpine a difesa dello Stato pontificio. Una menzione a parte merita infine il saggio di Giuseppe Palmisciano sull’attenzione dimostrata da «La Civiltà Cattolica» per la questione meridionale. In realtà, al di là dei soliti clichés di un brigantaggio interpretato come «risposta fisiologica» al processo di piemontesizzazione forzata del Meridione, la rivista dei gesuiti (portatore delle tendenze cattoliche legittimiste e temporaliste) si poneva come dichiarato obiettivo la lotta senza quartiere contro lo Stato unitario. Sarebbe così entrata in aperta polemica anche con quegli ambienti del Cattolicesimo patriottico e liberale che, pur auspicando una maggiore e più approfondita conoscenza dei mali del Sud, da parte dei nuovi governanti, non esiterà a individuare nella miseria materiale e morale e nell’assenza di coscienza civica di quelle popolazioni il retaggio della lunga dominazione borbonica, ottusamente intenta a sfruttare l’ignoranza e la superstizione cui le aveva condannate.
Data recensione: 01/05/2015
Testata Giornalistica: Storia in Rete
Autore: Guglielmo Salotti