chiudi

«Mi è venuta in questi giorni un’idea pazza e stupenda: illustrare Pinocchio. Vorrei fare un’edizione monumentale con dentro dagli 80 ai 100 legni.

«Mi è venuta in questi giorni un’idea pazza e stupenda: illustrare Pinocchio. Vorrei fare un’edizione monumentale con dentro dagli 80 ai 100 legni. L’idea è bellissima e mi prende il prurito alle mani dalla voglia di cominciare. Dio me la mandi buona. Vorrei fare il Pinocchio che tutti conosciamo, ma ambientato nella mia Toscana, nel mio paesaggio, che poi è il suo». Così scriveva il 12 aprile 1970 il pittore, scrittore e critico d’arte Sigfrido Bartolini poco prima di iniziare a lavorare all’edizione del capolavoro di Collodi voluta dalla Fondazione nazionale “Carlo Collodi” di Pescia per il centenario della sua prima pubblicazione (1883-1983). Questa impresa (perché tale è stata, essendo costata al grande incisore ben 12 anni di fatiche) è stata ricostruita attraverso i diari inediti di Bartolini nel libro intitolato appunto Un’idea pazza e stupenda, curato dalla figlia Simonetta per i tipi Polistampa.
L’artista pistoiese articolò il lavoro in tre fasi: la prima, durata circa un decennio, fu dedicata agli studi preparatori (e già questo dice la coscienziosità del personaggio, consapevole di doversi inserire col suo segno personale in una tradizione illustrativa già consolidata); la seconda fase, nel biennio 1980-’82, fu la vera e propria opera di incisione dei legni, divenuti 309 da quelli previsti inizialmente, tale fu la passione con cui Bartolini s’immerse nella sua opera creativa; infine la stampa del Pinocchio nella tipografia Il Torchio di Firenze, processo che Bartolini seguì passo passo, trasferendo il suo entusiasmo agli operai non più abituati a un lavoro di finezza artigiana ma ormai anch’essi persuasi di collaborare ad un’iniziativa storica (da molti è considerata la maggiore opera grafica del Novecento).
309 litografie in bianco e nero e a colori, nelle quali rivive tutto un mondo ormai perduto, quello degli ultimi decenni dell’Ottocento, con le abitudini e gli oggetti quotidiani amorosamente recuperati e riportati al presente: egli le portò a termine nonostante una grave forma di artrite reumatoide gli rendesse doloroso e a tratti impossibile continuare l’opera di incisione. «Ho lavorato con crisi di dolore da urlare - scriveva il 30 maggio 1982 -, ho passato notti in bianco senza saper come trovare una posizione al corpo dolorante in ogni sua parte, ho fatto anche 15 ore al giorno senza che mai venisse meno l’entusiasmo, la gioia d’inventare pagina per pagina, l’impeto di attaccare il legno». Di fatto, incidere con la sgorbia le matrici lignee da inchiostrare successivamente per la stampa impegnò l’artista in un corpo a corpo massacrante con la materia inerte e resistente, malgrado i farmaci assunti per alleviare il dolore e un intervento chirurgico.
Così come mastro Geppetto ricavò da un pezzo di legno il suo burattino, Bartolini diede alla luce il suo Pinocchio. Il diario testimonia le fatiche e insieme la gioia di questo “parto”, vero dono di bellezza per un tempo «senza certezze, senza motivi, senza ragioni». Con la pubblicazione del volume l’artista tirò un respiro di sollievo, pregustando il meritato riposo; non immaginando che l’ammirazione destata dalle sue illustrazioni l’avrebbero costretto negli anni seguenti a frequenti tournée in Italia e in Europa per una mostra itinerante. Proprio lui così schivo e sedentario, il tipo di artigiano che non sa staccarsi dal suo tavolo di lavoro, e per di più logorato dal suo male!
Morì a Firenze nel 2007, sempre coerente a quanto aveva scritto,: «Non bisogna contentarsi del mediocre, fino a che si può migliorare bisogna insistere, è onesto e doveroso»; «Niente di valido nasce senza sofferenza, di qualsiasi genere essa sia serve sempre a dare uno spessore di verità al lavoro».
Data recensione: 25/04/2015
Testata Giornalistica: Città Nuova
Autore: Oreste Paliotti