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Quello che non ti aspetti. Un uomo politico di sessant’anni, che ha cominciato a fare l’amministratore pubblico quando ne aveva 25 e non si è più fermato

L’ex assessore regionale presenta domani il libro sui suoi cento giorni nelle Americhe

Quello che non ti aspetti. Un uomo politico di sessant’anni, che ha cominciato a fare l’amministratore pubblico quando ne aveva 25 e non si è più fermato, che decide di mollare tutto. E di partire, da solo, per un lungo viaggio ai confini del mondo. Così di punto in bianco, come se la vita avesse imposto uno stop improvviso al senso di marcia, come se per ritrovare uan direzione fosse necessario perdersi, andare lontano, nel punto più distante da sé per cercare di raggiungere il filo che si credeva di avere tra le mani.
Quello che non ti aspetti lo ha fatto Tito Barbini, prima sindaco di Cortona e presidente della Provincia di Arezzo, poi per quindici anni in Regione, assessore alla sicurezza sociale, all’urbanistica, all’agricoltura. I suoi cento giorni nelle Americhe, dalla Patagonia fino all’Alaska Barbini racconta in un libro pubblicato da Edizioni Polistampa Le nuvole non chiedono permesso, che domani presenterà in consiglio regionale in via Cavour, ore 17, insieme al presidente del Consiglio Regionale Nencini, il sindaco di Pisa Paolo Pontanelli e il consigliere Ds Enzo Brogi. In mezzo al pubblico saranno seduti tanti compagni di partito, ex colleghi di giunta, amici e compagni di attività politica.
Nel libro si racconta un doppio viaggio, quello fisico nei luoghi che furono di Chatwin e quello mentale, che procede in senso inverso, come una fuga all’indietro per rimettere insieme frammenti del passato. La molla che spinge Barbini a partire è una sconfitta. Umana prima ancora che politica «Le amministrative di Arezzo del 2004. I Ds non mi scelsero come candidato sindaco. Perdemmo le elezioni, che abbiamo poi vinto nel maggio scorso. Per me fu un colpo duro, la presi malissimo. Mi sentivo abbandonato, improvvisamente privato di ogni ruolo, non amato dal mio partito. Ero a disagio, prima di tutto con me stesso. Sapevo di aver fatto degli errori, c’era una sproporzione evidente tra quello che era realmente successo e il mio stato d’animo, soltanto dopo ho capito che la mia ansia era autoreferenziale, che le cose importanti sono altre. Il viaggio comincia dal Cile e segue le rotte delle ferrovie e delle strade, Barbini si muove con lo zaino in spalla e senza mai staccare i piedi da terra. Ma con la testa vola parecchio: «Ho inseguito i miti della gioventù, da Melville a Neruda a Che Guevara a Salvador Allende al cantante Victor Jara, torturato e ucciso per le sue idee.
Questo viaggio è stato anche un modo per fare i conti col mio essere stato comunista. Il giorno in cui morì Stalin mio padre mi mandò a scuola con il lutto al braccio dicendomi che era morto “il padre di tutti i lavoratori”. Oggi in Sudamerica si sta affermando una sinistra democratica e riformista. Da ragazzo sognavo il socialismo reale, adesso ho voglia di impegnarmi nella costruzione del nuovo partito che nascerà con la partecipazione dei cittadini.
Credo che a molti poltici farebbe bene prendersi una pausa di tanto in tanto. Guardarsi dentro può essere più utile del mostrarsi fuori”.
Data recensione: 09/07/2006
Testata Giornalistica: La Repubblica
Autore: Simona Poli