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Non saremo mai abbastanza grati a Nicola Wittum e ai suoi sodali ‒ in questo caso Ilvo Santoni, esperto di tradizioni e storia toscane

Non saremo mai abbastanza grati a Nicola Wittum e ai suoi sodali ‒ in questo caso Ilvo Santoni, esperto di tradizioni e storia toscane ‒ di guidarci alla riscoperta di Vallombrosa e del territorio che le fa corona... Ai precedenti lavori, che costituiscono ormai una indispensabile fonte di informazioni sulla grande abbazia e la sua appendice del “Saltino” per tutto il secolo ventesimo, si aggiunge ora questa antologia di documenti lasciatici da viaggiatori che nei due secoli precedenti sono passati da queste parti e ne hanno lasciato “traccia”, come recita giustamente il titolo, a partire dal poeta inglese John Milton (1638) per finire con il connazionale Arthur Penrhyn Stanley (1866). Sono 71 i viaggiatori che gli AA. hanno a loro volta “rintracciato” in giro per l’Europa: di essi 52 sono anglosassoni (43 inglesi), 11 francesi, 3 tedeschi e polacchi, e poi un olandese e un còrso; certamente altri forestieri sono nei secoli saliti alla celebre abbazia ma senza che essi abbiano celebrato Vallombrosa con disegni, incisioni, tele, diari, corrispondenze, resoconti arrivati fino a noi. Diviso in tre parti ‒ un bel saggio introduttivo, le schede con le descrizioni dei 71 viaggiatori e infine un’appendice con i testi in lingua originale ‒, il libro ci è sembrato subito importante perché ci porta appunto a riscoprire, come dicevamo sopra, una Vallombrosa inedita, quasi una curtis che perpetua l’età feudale, una sorta di cittadella autosufficiente dove si muovono animatamente monaci, fedeli, dipendenti, pellegrini, ospiti vari, in un complesso sistema di vita dove ciascuno trova il suo spazio secondo il dettato della Regola e sotto la supervisione del padre abate e dei suoi collaboratori. Non ci sono più, o almeno non sembrano prioritarie, le notazioni di storia ecclesiastica e istituzionale, ma il vissuto quotidiano, la cordiale accoglienza di viaggiatori e pellegrini (pur senza ostacolare la vita claustrale dei monaci), i problemi logistici e dell’ospitalità, la lavorazione dei prodotti dell’agricoltura e del bosco (in particolare delle patate e delle castagne), le notazioni sulle tecniche forestali fino alla notevole distribuzione delle elemosine (un esempio: nel 1724 vengono distribuiti 66.318 pani “non computandosi i forestieri e i pellegrini”), la descrizione dei borghi vicini (Pelago, Paterno, Tosi). C’è, in buona sostanza, una Vallombrosa che credevamo di conoscere ma che invece ‒ vista con gli occhi degli altri, e per di più stranieri ‒ ci riserva un’infinità di sorprese, come fossimo compagni di viaggio per paesaggi che ormai oggi stentiamo a riconoscere: perciò ci sembrano testi e disegni illuminanti, diremmo anche istruttivi, certamente pagine importanti per la conoscenza della storia dell’abbazia vallombrosana in età moderna. Vorremmo infine sottolineare la ricchezza e la bella resa tipografica del molto materiale iconografico, per la gran parte finora inedito, quasi un altro livello di fruizione del bel volume.
Data recensione: 25/12/2014
Testata Giornalistica: Corrispondenza
Autore: Silvano Sassolini