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Un autore sicuramente da recuperare valorizzare, così caro ai pisani, è Renato Fucini (Monterotondo di Massa Marittima 1843-Empoli 1921)

Un autore sicuramente da recuperare valorizzare, così caro ai pisani, è Renato Fucini (Monterotondo di Massa Marittima 1843-Empoli 1921). All’autore di ineguagliati sonetti in vernacolo pisano e delle Veglie di Neri, già studente in agraria nel nostro ateneo e assiduo frequentatore dell’Ussero, è dedicato il bel volume «Renato Fucini in Riccardiana. La vita e le carte di un toscano vero» a cura di Giovanna Lazzi (edizioni Polistampa, 15 euro). Il libro, realizzato in occasione della mostra alla Biblioteca Riccardiana di Firenze aperta fino al 30 settembre, consente di conoscere e avvicinarsi a un Fucini studioso e letterato certo, ma anche a una dimensione più privata attraverso foto, lettere, libri e documenti donati negli anni dagli eredi dello scrittore appunto alla Riccardiana. Qui tra l’altro Fucini lavorò negli ultimi anni della sua carriera lavorativa quando, lasciati gli impegni di ispettore scolastico e comandato in biblioteca poté dedicarsi ad attività a lui sicuramente congeniali (“qui faccio cose geniali”, come scriveva lui stesso). Nell’ampia sezione iconografica del volume sono riprodotti manoscritti, spartiti, piccoli disegni di pittori amici, carteggi con personalità dell’epoca e fotografie, in un itinerario variegato e complesso atto a delineare non solo le poliedriche caratteristiche del personaggio, ma soprattutto il suo ambiente familiare e di relazioni: il Renato uomo, più e oltre che letterato, amico e sodale di personaggi come Giacomo Puccini o Vittorio Matteo Corcos, Telemaco Signorini o Giovanni Fattori.
Il volume mira dunque a porre l’accento sugli aspetti più personali del Fucini e l’uomo inserito nel nocciolo profondo degli affetti familiari, acuto interprete di un mondo variegato, ma anche buontempone e godereccio in quella compagnia di artisti e intellettuali che si dilettavano di arguzie, scherzi e battute tradotti nel linguaggio ad ognuno più consono, la penna o il pennello. Un contesto nel quale nascevano poi poesiole o racconti spesso pesantemente lussuriosi, fortemente allusivi e volutamente volgari che fanno pensare a una “combriccola” molto affiatata e a una consuetudine quasi da “Amici miei”.
I testi sono di Andrea Barducci, Giovanna Lazzi, Neri Torrigiani, Martina Cianti, Maria Luisa Migliore, Maria Teresa Sansone, Ortensia Martinez Fucini, Anchise Tempestini, Luca Berni. E proprio Tempestini osserva: «Fucini è un poeta e scrittore quasi dimenticato, almeno a livello nazionale, ma ancora ben presente nella memoria della gente toscana, per la sua arguzia, le tematiche popolari che trattava, l’ironia, l’appartenenza a quel mondo borghese che si riconosceva ancora nella realtà contadina, prima del sopravvento dell’industria, del grande capitalismo, delle forti contrapposizioni sociali. Oggi possiamo trovare in lui un atteggiamento conservatore e paternalistico, ma ad una rilettura prevale ancora, almeno per noi toscani, il gusto per l’evocazione di una realtà crepuscolare e per una vita legata a princìpi semplici».
Data recensione: 13/07/2014
Testata Giornalistica: La Nazione
Autore: Guglielmo Vezzosi