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«Una delle più resistenti immagini della mia vita di fanciullo fiorentino è quella dei “fratelli” incappati, coi cappucci e le buffe di quegli “uomini neri” dei quali non si vedevan che gli occhi,

Per i 770 anni della Confraternita di piazza Duomo è stato ristampato il volume che ne ricostruisce la nascita e la crescita attraverso i secoli. Con l’aggiunta di ricerche storiche che hanno portato nuove rivelazioni. «Una delle più resistenti immagini della mia vita di fanciullo fiorentino è quella dei “fratelli” incappati, coi cappucci e le buffe di quegli “uomini neri” dei quali non si vedevan che gli  occhi, e che facevan pensare ad antichi penitenti risuscitati, a famuli dell’inquisizione o a congiurati di una setta pubblica e permessa e che invece giravano rapidi e taciturni, per compiere quelle opere di misericordia che per noi erano soltanto parole sul libretto della “dottrina cristiana” (...) La nostra Misericordia finisce ora sete secoli e non è vecchia né stanca: fu la prima, almeno in Italia, che alla preghiera e il culto unisse deliberatamente la pratica della carità. Non basta legge e commentare l’evangelo – pensarono quegli antichi fiorentini – è necessario e concedente applicarlo ogni giorno». Così Giovanni Papini, con il suo bello stile di scrittore, racconta la Misericordia nella prefazione che scrisse nel 1940 alle «note storiche» di Cesare Torricelli pubblicate per i settecento anni della Misericordia di Firenze. Quel libro viene adesso ripubblicato da Polistampa, con il titolo «Una sconfinata carità», aggiornato e completato da ulteriori ricerche di Barbara Maria Affolter e Laura Rossi (che mettono in luce particolari finora sconosciuti, o correggono errori e imprecisioni). L’occasione per questa nuova edizione è quella della celebrazione per i 770 anni della confraternita più antica, la «casa madre» a cui si sono ispirate le innumerevoli confraternite di misericordia nate attraverso i secoli a Firenze, in Toscana, in Italia, nel mondo. Era il 1244 infatti (e non il 1240, come per un’omissione nella trascrizione dei numeri romani si era pensato per tanto tempo) quando «ebbe cominciamento per lo padre messer santo Pietro Martire» quella Compagnia di Santa Maria della Misericordia che poi sarebbe cresciuta unendo alle pratiche devozionali anche le opere di carità. Le cronache smentiscono la pittoresca leggenda secondo cui sarebbe stato il facchino Piero Borsi a fare la fortuna iniziale della confraternita, ponendo una tasse sulle bestemmie dette dai suoi colleghi durante il lavoro. In realtà un Piero Borsi si ritrova nei documenti ma solo nel 1363: il suo ruolo potrebbe essere stato quello di istituire il trasporto dei malati all’ospedale con le «zane» (ceste di vimini munite di tracolla), aggiungendo questo fondamentale compito a quelli già portati avanti dai fratelli: provvedere alla sepoltura dei poveri, liberare chi era in carcere per debiti, fornire la dote alle ragazze bisognose. Il volume si apre con una nota del Provveditore della Misericordia di Firenze Andrea Ceccherini, una prefazione di Maurizio Naldini e l’introduzione dello storico Franek Sznura che racconta con affascinanti pennellate quella Firenze di Duecento in cui fiorì la Misericordia, una decina di anni prima della coniazione del Fiorino d’Oro, ma anche una quarantina prima della posa della prima pietra della cattedrale di Santa Maria del Fiore; una sessantina prima che Dante ponesse mano alla Divina Commedia. A chiudere il volume, un capitolo di Silvia Nanni che completa la storia, raccontando la Misericordia di Firenze dal 1940 anni nostri giorni. Per scoprire che anche la Seconda Guerra Mondiale (così come tutti gli eventi drammatici, dalla peste del Trecento all’Alluvione del ’66) ha visto i fratelli e le sorelle in prima fila per portare aiuto e sollievo, pagando anche col sangue: l’autista dell’ambulanza inviata sui luoghi dei primi bombardamenti, nel 1944, morì sotto le macerie. E le cronache più attuali ci mostrano una Misericordia in continua evoluzione, capace di inventare nuove risposte ai bisogni sempre nuovi che nascono nel popolo. Ecco «Le dodici ceste», per fornire generi alimentari alle famiglie colpite dalla crisi economica; le case per anziani e disabili; i progetti in Albania e in Bielorussia. 
Data recensione: 18/05/2014
Testata Giornalistica: Toscana Oggi
Autore: Riccardo Bigi