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Alla vigilia degli ottant’anni a Manfredi non manca certo la vitalità: la pennellata è energica e consapevole: tutta una vita a tracciare ghirigori col pennello intriso di colore per fare chiari e

Alla vigilia degli ottant’anni a Manfredi non manca certo la vitalità: la pennellata è energica e consapevole: tutta una vita a tracciare ghirigori col pennello intriso di colore per fare chiari e scuri, volti, paesaggi, espressioni, occhi, mani. A Manfredi Lombardi (ma da sempre vuole che lo si chiami solo col nome) è dedicata la mostra «Autobiografia della memoria», ideata da Eventi Pagliai, e fino al 1 ottobre ospitata dall’Archivio di Stato di Firenze.
Ci accoglie il ritratto di Garcia Lorca e subito dopo un’ispirata Wanda Landowska dal volto appuntito e dallo sguardo acuto è alle prese col suo clavicembalo. Trenta ritratti, tutti della stessa dimensione (120x130), compongono la galleria dei miti di Manfredi. Ma sono anche le diverse tessere di un mosaico col quale il pittore traccia un ideale autoritratto, o almeno una sorta di autobiografia della formazione, attraverso «coloro che sono più presenti, che sono una parte di me e dei quali, anch’io nel ritrarli, divento una piccola parte. Coloro che ho letto, ascoltato, che mi hanno commosso, entusiasmato, affascinato, innamorato, generato, come padri e madri», scrive lui stesso nel libro Ritratti e aforismi , edito da Polistampa, che accopagna la mostra.
Tutti gli dei dell’Olimpo di Manfredi sfilano silenziosi sulle pareti della grande sala espositiva al piano terra: ecco Rilke nella sua nuda stanza, Puccini davanti al lago di Massaciuccoli, D’Annunzio con lo sguardo da vate, Rimbaud, con gli occhi ex ingenui e tormentati, Cechov che somiglia un pò a Cacciari, Camus col bavero rialzato e la sigaretta in bocca nella nebbia parigina, Grazia Deledda tristissima e pensosa, la Kollwizt con sullo sfondo le ciminiere delle fabbriche sotto il cielo cupo, la Yourcenar in una stanza tenebrosa come il suo genio. Insomma i volti e gli sfondi dialogano fra loro a volte in modo un pò imprevedibile: è il caso anche delle stelle che punteggiano il cielo dietro Margherita Hack, l’unico dei personaggi ritratti che sia ancora in vita. Ma resta indiscutibile la grande capacità di Manfredi nel tratteggiare un lampo di luce in uno sguardo, le dita nervose delle mani che spesso tengono un foglio, quasi un muto cartiglio.
«I musicisti li ho dipinti ascoltando la loro musica, gli scrittori dopo aver ripreso la lettura di qualche loro opera anche dopo cinquant’anni» scrive ancora Manfredi che chiude questa galleria di personaggi col ritratto di colei che gli ha trasmesso buona parte di queste sue passioni: Gabriella Reggio, la madre. Qualche grande veduta dei boschi e della campagna del Mugello, dove da tempo si è ritirato Manfredi, interrompe la serie di ritratti. Convinto fautore della figurazione e appassionato sostenitore delle sue idee, si lanciò fin da giovanissimo in molte battaglie culturali che agitavano l’ambiente fiorentino. Nel 1960 ha fondato con Xavier Bueno e Piero Tredici il gruppo Nuova Corrente.
Data recensione: 12/09/2006
Testata Giornalistica: L’Unità
Autore: Gianni Caverni