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Il volume di Carmen Guidotti ravanelli Maioliche figurate di Montelupo, oltre che piacevole da leggere per l’amabile e puntuale prosa dell’autrice

Il volume di Carmen Guidotti ravanelli Maioliche figurate di Montelupo, oltre che piacevole da leggere per l’amabile e puntuale prosa dell’autrice, conduce per mano, specialisti e non, in una ricerca che viene finalmente a perfezionare un aspetto ancora poco indagato dalla serie di contributi sulla produzione ceramica di Montelupo, culminata nella sintesi esaustiva distribuita nei cinque volumi di Fausto Berti. Piace al riguardo ricordare che sono trascorsi quarant’anni dai primi ritrovamenti nel ‘Pozzo dei lavatoi’ e dall’uscita della Storia della maiolica di Firenze e del contado di Galeazzo Cora, due episodi grazie ai quali presero avvio studi sistematici che hanno restituito alla cittadina del medio-valdarno un ruolo di primo piano fra i centri ceramici italiani del rinascimento. nella prima parte del volume Fausto Berti traccia un compendio della produzione ceramica di Montelupo, soffermandosi in particolare sull’introduzione dei soggetti figurati nella prima parte del Quattrocento e svolgendo l’esposizione sino ai primi decenni del secolo successivo, aiutandoci così a comprendere le soluzioni iconografiche e le ragioni sociali ed economiche che hanno favorito la fortunata stagione della pittura figurata montelupina. Carmen Ravanelli di seguito svolge un’ampia e dettagliata analisi delle fonti storiografiche che hanno determinato la “sfortuna” critica delle maioliche figurate di Montelupo, come la stessa studiosa la definisce, muovendo dalle prime citazioni settecentesche per arrivare, attraverso i sempre più frequenti studi dei secoli XIX e XX, fino ai giorni nostri. la trattazione prosegue con l’esame dei vari filoni tematici che hanno contribuito all’evoluzione del ‘figurato’ montelupino, dai primi ritratti quattrocenteschi, passando attraverso le vere e proprie ‘istorie’, sino ai personaggi degli ‘arlecchini’, dove è palese, per la gran parte di questi, il ricorso ai modelli riconducibili ad opere grafiche e a stampa. allo stesso tempo appare fondamentale l’apporto dei vasai di Faenza, presenti a Montelupo già nel terzo decennio del Cinquecento, nell’avvio della produzione locale dedita alla trascrizione di ‘storie’ dai modelli che andavano rapidamente diffondendosi; un ruolo primario è riconosciuto alla divulgazione dei libri a stampa, dalla Storia di Roma di Livio e dalle Metamorfosi di Ovidio fino dalla Bibbia, dai quali le botteghe di artigiani, e fra tutti i pittori maiolicari, potevano trarre i repertori figurativi di riferimento. Il ‘figurato tardo’ montelupino, cioè quelle produzioni comprese fra la seconda metà avanzata del XVI e gli inizi del XVIII secolo, riscuote un indiscusso successo fra ottocento e novecento ma i cosiddetti ‘arlecchini’, secondo la dizione ormai accettata dalla storiografia ceramologica, vengono comunque considerati espressioni ‘popolari’, prive della colta eleganza riservata ai prodotti faentini e urbinati di pieno rinascimento, che già da tempo erano oggetto di collezionismo. Nel volume della Ravanelli invece ben si percepisce la convinzione che non si tratti di composizioni elementari, frutto di pittori non dotati, ma di una nuova lettura dei soggetti legati alla quotidianità, che appare ormai lontana dalle tematiche adottate sull’istoriato canonico del Cinquecento. già Fausto Berti per primo aveva riconosciuto le specificità del ‘figurato tardo’ di Montelupo, una pittura creativa che non è costretta negli spazi già delimitati dello spolvero ma agisce liberamente sulla superficie a disposizione; i tratti somatici sono delineati con una sottile linea di contorno e arricchiti da limitate ombreggiature che conferiscono volumetria alle figure. le figurazioni si concentrano infatti su tematiche tratte dalla vita di tutti i giorni, con particolare attenzione agli eventi ludici (feste e giochi), agli avvenimenti amorosi, alla costante presenza delle soldatesche, ai personaggi della commedia dell’arte. I pittori di Montelupo riescono a creare un vivace ‘istoriato rustico’, come efficacemente lo definisce la studiosa imolese, attingendo a piene mani dai repertori figurativi delle celebri composizioni compendiarie faentine e di quelle più fastose del ducato urbinate, ma allo stesso tempo smarcandosi dai canonici stilemi per approntare con ingenuo impeto ‘provinciale’ narrazioni talvolta intrise di celate accezioni, che qui si declinano secondo le semplici forme della naturale quotidianità. segue nell’esposizione un elenco dei gruppi stilistici del ‘figurato tardo’, ordinati in tal modo per arrivare a stabilire una sequenza cronologica nella quale poter ricondurre singoli pittori o botteghe, e l’individuazione dei soggetti maggiormente presenti. nella seconda parte del volume si distribuisce Il catalogo di ventisei opere selezionate, fra le molte di una nutrita raccolta privata, formata con competenti cognizioni, che per le loro peculiari proprietà ben esemplificano la produzione figurata montelupina fra la fine del XVI e la prima metà del XVII secolo. In questo excursus diacronico nel ‘figurato’ di Montelupo si apprezza il vasto corredo di immagini di supporto che esplicita i repertori figurativi ai quali si rivolgono i pittori maiolicari per le loro composizioni. Conclude l’opera un corposo repertorio degli ‘arlecchini’, divisi per tematiche raffigurate e per affinità stilistiche, dove le opere sono state organizzate in gruppi riconducibili, ove possibile, alla stessa bottega, se non addirittura allo stesso pittore. la fatica della ravanelli assume una particolare valenza per la scarsità di dati archeologici datanti e la limitata presenza di esemplari figurati datati, alla quale l’autrice sopperisce offrendo indispensabili confronti con figurazioni grafiche e pittoriche ben collocabili nel tempo che permettono di istituire parametri cronologici da applicare poi ai ‘gruppi’ distinti. In conclusione si riscontra anche in quest’ultimo e impegnativo lavoro della ravanelli, già conservatrice ‘storica’ del MIC faentino, la stessa felice padronanza della materia ampiamente dimostrata nei suoi precedenti impegni, per mezzo della quale Carmen è capace di tracciare una narrazione coinvolgente che conduce il lettore in una sorta di ‘esplorazione guidata’ attraverso i processi evolutivi delle produzioni artistiche figurative, e questo in particolare vale per la maiolica.
Data recensione: 01/07/2013
Testata Giornalistica: Faenza
Autore: Marino Marini