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Monografia sull’autore, esponente della pittura moderna della realtà, ricca di opere rare e inediti da collezioni e raccolte pubbliche e private. Con gli autoritratti

Monografia sull’autore, esponente della pittura moderna della realtà, ricca di opere rare e inediti da collezioni e raccolte pubbliche e private. Con gli autoritratti il maestro dà il meglio di sé, arricchendo i lavori di effetti suggestivi, ravvivati da tratteggi mai statici o approssimativi. Tutto rifinito da vibrazioni di una ieratica analisi interiore. E l’effetto primario è un senso di stupefazione che rende il dipinto non solo di reale fisionomia, ma anche di svolgimento tendente a risultati sorprendenti. Il punto di partenza può sembrare pedissequo, ma il risultato frequente è la vibrazione che rotea intorno alle immagini. Gli effetti risentono di una regalità non fredda o prestabilita, ma di matrice storico-legale. Così avviene per i personaggi illustri come Margrethe II, Regina di Danimarca, Papa Giovanni XXIII, la Regina Madre, il Principe Filippo di Edimburgo, il Presidente Johnson, il Generale Clark, la Regina Elisabetta II ecc. Ritratti che gli valsero fama mondiale e considerazione come interprete di tante fasi espressive dell’istituzionalità canonica. Annigoni non è solo un ritrattista, ma anche un affrescatore di spazi in cui risalta l’immagine di una statica classicità. Altri ritratti come quelli a Oscar Scaglietti, Renato Alvino, Roberto Coppini risentono di occasionalità di contorno. Tra le opere rare e inedite ci sono quelle mitologiche del 1940, non certo originali. E tra quelle didascaliche o di effetto popolaresco (Il suonatore di chitarra, stesso periodo, Il cocomero, Nudo femminile in un paesaggio del 1958, assai oleografico di una fissità senza sbocchi, mentre Ritratto di giovane donna del ’60 è animato da sorpresa stupefatta, Volto di Cristo del 1973 nell’insieme sa tanto di burocratico, mentre lo sguardo sembra fissare atmosfere di maniera. Meglio il Volto del Cristo del 1983, anche se gli occhi chiusi sanno di statica allegoria, rispetto agli effetti del martirio. Tra i personaggi di vedute Ponte alla Badia del 1927 di sapore cartolinaceo; in Casa colonica a Lama (1940) e Il parco della villa di Lama (1949), emergono atmosfere senza tempo di una irrealtà suggestiva. Da "Fermenti" n.241 (recensione a firma di Velio Carratoni) Fermenti 570 Nello Scultore folle (1956) c’è un senso di mistero fisso, senza animazione prestabilita. C’è solo la consueta figurazione di un addetto ai lavori, senza estri marcati. Tutto viene riscattato nelle Testimonianze familiari. Come Rossella del 1969, Teresa (la madre) del 1928, Il babbo (1928), Anna Maggini (1940), meno convincente Emanuela Torriani (1980), meglio Francesca Maggini (1954). Il vero Annigoni è un figurativo, laccato, anche se si è cimentato in tentativi astratti, non certo dello stesso livello di alcuni di quelli elencati. La loro presenza dimostra che i più riusciti riguardano personaggi illustri. È lì che si sente più coinvolto. In altri dipinti la mano resta quella di un esperto colorista, anche se non sempre capace di attuare il meglio. Sembrano esercitazioni ammirevoli ma non geniali. Con questo non si intende sminuire, riconoscendo capacità uniche e stimolanti. Una carica di pathos si avverte pure negli autoritratti, ove l’immagine si proietta nelle tele, determinando una simbiosi inaspettata. Insomma un ritrattista autentico. Non certo un figurativo per tutte le occasioni. Punti di vista da dibattere. Per focalizzare parallelismi da mettere a confronto.
Data recensione: 01/01/2014
Testata Giornalistica: Fermenti
Autore: Velio Carratoni