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Carte, mappe, atlanti e appunti di viaggio che raccontano la missione di un’istituzione e, con essa, un pezzo di storia di un’intera regione

Carte, mappe, atlanti e appunti di viaggio che raccontano la missione di un’istituzione e, con essa, un pezzo di storia di un’intera regione. Fino al 19 aprile si può visitare, all’Accademia dei Georgofili, la mostra “Per descrivere il territorio. Agronomi, cartografi, naturalisti, viaggiatori nella Toscana tra XVIII e XX secolo” che, in collaborazione con Istituto geografico militare e Osservatorio Ximeniano, illustra attraverso una ricca selezione di documenti d’epoca, a stampa o manoscritti, come le imponenti campagne di bonifica condotte dai Lorena nel Sette e Ottocento furono accompagnate da un’autentica esplosione intellettuale che vide nell’Accademia, fondata nel 1753 da Ubaldo Montelatici, uno dei suoi massimi protagonisti. «Questi documenti - spiega Lucia Bigliazzi, curatrice dell’iniziativa insieme a Luciana Bigliazzi, Andrea Cantile e Paolo Nanni - raccontano quel grandioso momento che fu l’Illuminismo toscano e l’operato di alcuni dei suoi più importanti esponenti come lo stesso Montelatici, Sallustio Bandini, Pompeo Neri o, in epoca successiva, Cosimo Ridolfi». «Le bonifiche ordinate dai granduchi - continua - rispondevano alla doppia esigenza di trovare nuove zone da coltivare e, al tempo stesso, di mantenere un buon livello di benessere in modo da evitare sommosse che sarebbero state difficilmente controllabili. L’Accademia, intorno alla quale si radunarono agronomi, ingegneri, botanici e medici, rappresentò il punto di riferimento scientifico di questa impresa, offrendo non soltanto un punto di vista di studio ma anche preziosi contributi operativi. Un po’come accade oggi: lo stesso termine “Accademia”, in parte, trae in inganno, perché qua dentro non si discute solo di storia, ma anche e soprattutto di attualità, di temi centrali come agricoltura, biotecnologie, povertà e sviluppo». Il percorso espositivo inizia con i primi progetti per rendere coltivabili zone come l’Osmannoro o la Valdichiana, messi a punto a metà del Settecento e caratterizzati da approcci interdisciplinari a metà tra botanica e ingegneria. Seguono i libri di fattoria, antesignani delle moderne mappe catastali, preziose mappe ad acquerello e documenti da cui si evincono esperienze storiche importanti come quella delle cosiddette «scuole di mutuo insegnamento», introdotte nell’Ottocento in Maremma sull’esempio indiano, in cui erano gli stessi allievi, mano a mano che progrediva il percorso di formazione, a fare lezione ai più giovani e inesperti. E ancora il famoso atlante Attilio Zuccagni Orlandini, realizzato tra il 1833 e il 1845, che per primo conteneva statistiche sulla popolazione in un’ottica vicina alla moderna demografia, o curiosi progetti come quello di Giovanni Targioni Tozzetti che, nel 1767, propose di deviare il corso dell’Arno per evitare il rischio di alluvioni in città. E infine diari, appunti e relazioni stilate in loco, in cui si riconoscono i primi elementi delle moderne guide di viaggio. «Tutti strumenti - spiega Bigliazzi - che consentono di avvicinarsi alla Toscana di ieri, un territorio scomparso di cui probabilmente costituiscono l’unica traccia». L’ultima parte del percorso è dedicata a una collaborazione con l’università, con i lavori degli studenti del corso di laurea in Architettura del paesaggio sul tema "Valdinievole, giardino di Toscana".
Data recensione: 30/03/2013
Testata Giornalistica: La Repubblica
Autore: Gaia Rau