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Due eccellenze a confronto, vanto dell’industria manifatturiera e espressione del miglior artigianato artistico toscano, si danno la mano nella mostra “Porcellane e cappelli fioriti

A Firenze omaggio all’artigianato della migliore tradizione

Due eccellenze a confronto, vanto dell’industria manifatturiera e espressione del miglior artigianato artistico toscano, si danno la mano nella mostra “Porcellane e cappelli fioriti da Firenze nel mondo” allestita nei locali dell’Ente cassa di Risparmio in via Bufalini e promossa in collaborazione con l’Osservatorio dei Mestieri d’arte. Tradizione e impresa si coniugano.
Da una parte le linee avvolgenti e morbide, le decorazioni floreali, oro scintillante e colori caldi, delle porcellane targate Richard Ginori, dall’altro le “forme” capricciose e eleganti, tutte nastri, piume, fiori e accessori, vanto e simbolo del glorioso copricapo fiorentino.
Le prime, uscite dalla manifattura di Doccia, ordinate da Pierluigi Ciantelli, e i secondi, provenienti dalle tante aziende che operano tra Firenze e Signa, selezionati da Roberto Lunari (direttore del Museo della paglia), trovano un punto d’incontro nell’uso di uno stile floreale e naturalistico particolarmente esuberante ma sempre rispondente ad un gusto equilibrato che associa e combina le diverse sfumature cromatiche con estrema raffinatezza.
I circa 250 pezzi della Richard Ginori, declinati secondo lo stile e le fogge liberty, in stretta sintonia con i canoni estetici dell’art nouveau, sono opera di raffinati pittori e sopraffini decoratori come Pilade Donnini, Anchise Faggi o Giuliano Fortunato Faini (i così detti “fioristi”) e coprono i primi anni del Novecento, una stagione finora dimenticata e incomprensibilmente poco studiata dagli addetti ai lavori nella storia della manifattura sestese. Sono piatti, vasi, tazzine, brocche, coppe, zuccheriere, oggetti da toletta, versatoi, fioriere, servizi da dolce e da caffè, testimoni di un’epoca “glamour” e spensierata destinata a infrangersi sulle trincee e i reticolati della Grande Guerra.
Quanto ai cappelli sono un centinaio quelli esposti, una metà di vecchia fattura, risalenti all’inizio del secolo scorso, conservati nei depositi delle ditte produttrici che li hanno utilizzati come modelli di riferimento, l’altra metà creati espressamente per l’occasione dai 21 marchi e singoli artigiani aderenti al consorzio “Il cappello di Firenze” (40 milioni di fatturato annuo e oltre 300 dipendenti) presieduto da Giuseppe Grevi.
Un lavoro che si tramanda di padre in figlio, di generazione in generazione, e che nonostante la crisi sa farsi valere anche sul piano internazionale.
L’intreccio fra porcellane e capelli ci consegna una originale vitalità creativa, frutto della forza trainante della tradizione capace di modellarsi con le moderne tecniche produttive, coi gusti del pubblico, con le nuove strategie di mercato.
Data recensione: 30/04/2013
Testata Giornalistica: Il Tirreno
Autore: Gabriele Rizza