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Il 18 marzo 1314, Jacques de Molay viene arso vivo su una delle isolette che affiorano sulla Senna. Finisce così l’ultimo Gran Maestro templare e con lui l’ordine dei Poveri Cavalieri di

Il 18 marzo 1314, Jacques de Molay viene arso vivo su una delle isolette che affiorano sulla Senna. Finisce così l’ultimo Gran Maestro templare e con lui l’ordine dei Poveri Cavalieri di Cristo e del Tempio di Salomone, nato intorno al 1118, nella Gerusalemme conquistata dai crociati. Si chiamavano templari perché il re di Gerusalemme Baldovino II li aveva autorizzati a vivere in una parte dell’antico Tempio di Salomone. Ordine monastico-cavalleresco, ispirato alla spiritualità di Bernardo di Chiaravalle, conosce diffusione e sostegno consistente dalle nazioni cristiane, potendo disporre in breve tempo di proprietà e fondi che – riassumendo un pò grossolanamente la storia – faranno gola al re di Francia Filippo il Bello il quale, il 13 ottobre 1307, fa arrestare tutti i Templari del Regno. L’esempio viene seguito anche in altri Paesi: i templari vengono ingiuriati con accuse infondate, torturati fino a confessare colpe non commesse. L’ordine viene soppresso nel 1312.
E dopo? Di ricostruzioni fantasiose ne sono state fatte tante, soprattutto attraverso l’arte del mezzo falso e del mezzo vero: le polemiche seguite al Codice Da Vinci di Dan Brown ci hanno messo il carico da 90. Certo è che l’ideale templare non si spense e fu larga la consapevolezza, anche a Firenze, che la fine dell’ordine fu dettata da ragioni non proprio nobili. Renzo Manetti, autore di diversi studi sulla storia di Firenze e sul simbolismo, ha scritto un denso volumetto con tesi suggestive e che fonda su documenti e soprattutto sulle immagini, in particolare ‘Le Madonne del Parto’, che considera icone templari.
La prima opera presa in esame è la Madonna del Parto di Bellosguardo, a Firenze, affrescata da Taddeo Gaddi presumibilmente tra il 1334 e il 1348, dipinta sulla parete di un antico edificio religioso – dove sorge ora la chiesetta di San Francesco di Paola – fatto costruire da una confraternita templare segreta, ma volto ufficiale dell’ordine monastico dei Girolamini. “Come nel seno delle Madonne del Parto si occulta il Verbo –spiega Manetti – in attesa del tempo per manifestarsi, così gli eredi dei templari celavano il proprio segreto, aspettando una nuova stagione di tolleranza”. La ricostruzione della presenza templare a Firenze dovrebbe essere oggetto di studi specialistici e rigorosi. Secondo alcuni studiosi, i templari incisero a tal punto sulla cultura dell’epoca da influenzare i poeti del Dolce Stil Novo, in particolare Dante e Francesco da Barberino, quindi Boccaccio (che sarebbe appartenuto alla confraternita dei Girolamini) e personalità dell’arte e della cultura legate all’ideale templare mediante una confraternita segreta, quella dei ‘Fedeli d’Amore’, propagatasi fino al tempo dei Medici. “Se non tutti i poeti stilnovisti furono Fedeli d’Amore, una parte di loro certamente lo fu – sostiene Manetti – e questa confraternita, che si ammantava di segretezza, presenta caratteri molto simili a quelle laiche dei templari, tanto da far pensare che l’una e l’altra fossero la stessa cosa”.
Data recensione: 16/04/2006
Testata Giornalistica: La Nazione
Autore: Michele Brancale