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«La cosa eccezionale è essere normale»: cita Lucio Dalla il compositore Mario Ruffini per spiegare la genialità di Johann Sebastian Bach

«La cosa eccezionale è essere normale»: cita Lucio Dalla il compositore Mario Ruffini per spiegare la genialità di Johann Sebastian Bach, uomo di provincia tutto famiglia-chiesa-corte ma gigante della musica, al quale ha dedicato un festival a Firenze, il World Bach-Fest, seguitissimo anche sul web, e un raffinato e acuto libro, “Johann Sebastian Bach. Lo specchio di Dio e il segreto dell’immagine riflessa”, imperniato sulla teologia musicale bachiana. Nel capoluogo toscano il musicologo direttore d’orchestra e compositore vive dal 1975, anno in cui lasciò Teramo per completare gli studi musicali nel conservatorio Cherubini e laurearsi in Lettere e Filosofia. Bach è il faro dell’esistenza di Mario Ruffini, insieme a Luigi Dallapiccola, di cui il musicologo abruzzese è il massimo studioso mondiale, con il monumentale ed esaustivo “Catalogo Ragionato” pubblicato nel 2003 e innumerevoli saggi. Un approdo ispirato dalla studiosa e bibliotecaria Laura Cohen, vedova del padre della dodecafonia italiana, la quale elesse il 25enne Mario a proprio pupillo.
Un’amicizia favorita dal principale allievo di Dallapiccola, il compositore Carlo Prosperi, a sua volta maestro di Ruffini, e coltivata con visite settimanali fino alla morte di Laura Cohen Dallapiccola nel 1995: «A lei devo la mia formazione morale e intellettuale» sottolinea Ruffini, al quale Laura donò oltre a preziosi insegnamenti anche oggetti personali del maestro, come le penne e la cartella di cuoio, che il musicista teramano porta sempre con sé. Carlo Prosperi, al quale Ruffini ha dedicato un poderoso volume di 800 pagine, è stato invece il maestro negli studi di composizione: «Un direttore d’orchestra non diplomato, che non abbia alle spalle studi severi di composizione, è solo uno “sbacchettatore” come ama dire Riccardo Muti. È un obbligo morale acquisire strumenti veri di conoscenza per poter dirigere un’orchestra o un conservatorio». Nella formazione severa di Ruffini altri maestri fondamentali sono stati Piero Bellugi e Franco Ferrara per la direzione d’orchestra, e lo storico dell’arte Max Seidel per gli studi interdisciplinari di musica e arti figurative. La passione per la musica arriva precocemente, quando all’età di 5 anni Mario riceve in regalo un piccolo pianoforte a 12 tasti, su cui riproduce all’istante tutte le canzoni del Festival di Sanremo. A 7 anni, intrepido, si iscrive da solo al concorso canoro Calimero d’oro, che si svolgeva nel cineteatro Apollo di Teramo: «Ero un bambino intraprendente, con una passione innata per la musica che i miei genitori hanno sempre assecondato, favorendo i miei studi prima al liceo musicale Braga di Teramo, poi al conservatorio D’Annunzio di Pescara, e infine al Cherubini di Firenze». Non appena i tanti impegni lo consentono, il maestro torna nella natia Teramo, dai genitori Berardo e Bruna, rispettivamente 96 e 92 anni, titolari per decenni di una rinomata merceria in centro (decano dei commercianti teramani, Berardo Ruffini ha lasciato proprio pochi giorni fa l’attività, dopo 64 anni di esercizio, salutato in municipio da un encomio solenne del sindaco Brucchi). «Oltre ai miei genitori anche piccole cose simboliche mi legano a Teramo, come la donazione del sangue, pratica a cui mi avviò mia madre. Ho iniziato a 18 anni e l’anno scorso sono arrivato a 70 donazioni», traguardo festeggiato in dicembre a Teramo con il premio della Fidas e la magistrale esecuzione de L’Arte della Fuga dell’amato Bach con l’Orchestra da camera Benedetto Marcello. Sempre con l’orchestra d’archi teramana («Teramo e le sue istituzioni dovrebbero convincersi di avere in città un organico di valore assoluto») il 10 marzo Mario Ruffini ha proposto L’Arte della Fuga all’interno del World Bach-Fest, ininterrotta maratona musicale di 3 giorni e 2 notti: «Nel Salone dei Cinquecento di Palazzo Vecchio a mezzanotte c’erano 600 persone», alle quali vanno sommati i 2.500 utenti che hanno seguito il concerto su You Tube. Nato su Facebook e divulgato sulle piattaforme virtuali, il festival bachiano, che ha visto Ruffini dirigere anche l’Orchestra del Maggio musicale fiorentino, ha totalizzato a Firenze oltre 10mila presenze reali. «Nelle settimane successive, mentre giravo in bici per la città, la gente mi fermava per dirmi grazie. Tanta gratitudine mi ha commosso. Firenze è una città problematica, difficile, complessa. Uno dei miracoli del World Bach-Fest è stato mettere in relazione tutte le istituzioni fiorentine, anche quelle che si guardano in cagnesco. Un miracolo di amicizia e condivisione, frutto anche dell’ottimo rapporto che ho con la città e col sindaco Renzi, un giovanotto che usa pienamente le nuove tecnologie». You Tube e Facebook sono strumenti d’uso quotidiano per Ruffini «per postare i brani che dirigo, le esecuzioni, le conferenze. Una nota sulla Treccani dopo tre minuti è già vecchia, sui nuovi media l’aggiornamento è continuo». Composizione, direzione, ricerca nel ricco mondo del maestro abruzzese, con una preferenza tuttavia: «Ho smesso di comporre nel 1995. Un’esperienza troppo dolorosa e faticosa, come il parto. Mi assorbiva in modo meravigliosamente totalizzante, impedendomi di fare alcunché d’altro. L’atto del dirigere può essere invece molto gratificante. Ma è la ricerca la dimensione che amo».
Data recensione: 23/10/2012
Testata Giornalistica: Il Centro
Autore: Anna Fusaro