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n balzo a ritroso, nell’Italia dei primi anni ‘70, frastornata dagli effetti dirompenti del ‘68, impreparata ad affrontare

Un balzo a ritroso, nell’Italia dei primi anni ‘70, frastornata dagli effetti dirompenti del ‘68, impreparata ad affrontare le istanze di rinnovamento: nel malessere politico strisciante, con la crisi del centrosinistra, l’instabilità degli esecutivi, il ricorso alle elezioni anticipate. In un clima di forti pressioni demagogiche, di interessi corporativi, di opposti estremismi. È l’immagine del Paese che affiora dalla lettura dei commenti di allora di Giovanni Spadolini, nel suo “taccuino” quindicinale pubblicato su “Epoca” dal 1972 al 1976, raccolti in volume (Polistampa). Spadolini, lasciata la direzione di grandi quotidiani, è approdato al Senato, eletto nelle file del partito repubblicano di Ugo La Malfa, presiede la commissione istruzione di Palazzo Madama, fonda il Ministero per i Beni culturali nel governo Moro, tra il 1974 e il 1976.
Nei suoi brevi, penetranti bloc-notes, fra cronaca e storia, analisi attenta del quadro politico nazionale, sta la consapevolezza del pericoloso declino del Paese. A cominciare dalla dequalificazione della scuola superiore e dell’Università. «Nella scuola come nell’economia - denuncia nel maggio 1972 - si sta accentuando il distacco dall’Europa». Riforme occasionali e affrettate, strappate dal furore della piazza. «Tutto sotto la pressione di interessi corporativi, di coalizioni settoriali. Un esecutivo debole, sempre esposto ai ricatti e alle intimidazioni. E poche formule demagogiche, formule da platea, che non riescono a placare le giuste insofferenze dei giovani e aggravano le responsabilità e le fughe in avanti dei politici».
Quanto alle università la liberalizzazione degli accessi senza adeguata programmazione avrebbe innestato un meccanismo perverso. «La “corsa” all’università è direttamente proporzionale allo sfacelo dei nostri atenei. Più si aggrava la crisi dei nostri ordinamenti, più si inceppa l’organismo della nostra scuola universitaria a tutti i livelli e più si moltiplica la disoccupazione intellettuale dei neo-laureati, con riflessi gravi sullo stesso equilibrio futuro della società italiana».
In economia si assiste alla corsa sfrenata alla finanza allegra. Un solo esempio. Il plauso in Senato delle opposizioni per l’approvazione di un emendamento alla legge sulle pensioni, il 3 agosto 1972, sull’abbassamento dei limiti di età, l’elevazione dei minimi e l’anticipo della decorrenza dei miglioramenti, l’aggancio a diverse medie retributive. «Le opposizioni hanno votato senza neppure conoscere l’entità delle somme che occorrevano - è il preoccupato commento di Spadolini - Comunisti e missini applaudivano a che cosa? Allo sfacelo dello Stato italiano; al trionfo della finanza allegra; alla vittoria della demagogia».
Nel luglio 1973 leva un monito a lungo inascoltato: qualunque governo, per salvare il Paese «dovrà avere il coraggio dell’impopolarità. Dovrà dire molti decisi no e pochi sì».
Un’ultima annotazione. Nel luglio 1972, da poco eletto, Spadolini invocò la rinuncia alla immunità parlamentare, per affiancare l’amico Indro Montanelli in tribunale. L’accusa? Diffamazione a mezzo stampa per alcuni articoli di Indro pubblicati nel “Corriere della Sera” diretto da Spadolini sull’insediamento industriale di porto Marghera e consequente scempio della Laguna di Venezia. L’autorizzazione fu concessa: una foto ritrae i due grandi giornalisti che escono a braccetto dal tribunale, ascoltati dal magistrato. Di lì a poco il Parlamento varava importanti provvedimenti volti a salvare la Laguna, «obiettivo di rilevante interesse nazionale», gravemente compromessa.
Data recensione: 07/05/2012
Testata Giornalistica: QN - Il Resto del Carlino - La Nazione - Il Giorno
Autore: Cosimo Ceccuti