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“Scrivendo de pictura in questi brevissimi commentarii, acciò che ‘l nostro dire sia ben chiaro, piglieremo da i matematici quelle cose in prima quali alla nostra materia appartengano

“Scrivendo de pictura in questi brevissimi commentarii, acciò che ‘l nostro dire sia ben chiaro, piglieremo da i matematici quelle cose in prima quali alla nostra materia appartengano […]. Ma in ogni nostro favellare molto priego si consideri me non come matematico, ma come pittore scrivere di queste cose…”. Così inizia il celebre De pictura, opera fondamentale per la comprensione e la conoscenza delle tecniche pittoriche del Quattrocento. L’edizione della Bertolini, che corona un più che ventennale corpo a corpo della studiosa con le opere albertiane (si ricordi almeno la sua edizione dei testi del “primo certame coronario”, del 1993, e il monumentale Censimento dei manoscritti albertiani conservati a Firenze, del 2004, 2 voll. di 1430 pp.), fa tesoro di molte sorprendenti e però indubitabili acquisizioni anticipate nel corso di vari lavori preparatori: dalla dimostrazione che il De pictura volgare precede (e non segue, come si è a lungo pensato) la redazione latina, al deciso ridimensionamento della dedica al Brunelleschi − presente in uno solo dei 3 codici − a episodio casuale, e non a causa scatenante della scrittura (“Il De pictura volgare […] non fu composto nel 1436: era già concluso […] nell’agosto del 1435”: p. 57), alla conseguente constatazione che il testo è composto “di necessità” in volgare, in fase con la Familia e la Grammatichetta, nel momento in cui l’Alberti, da poco rientrato in patria, è impegnato in un serrato “dialogo con il tessuto sociale e civile di Firenze, sia esso mercantile, di professionisti delle arti figurative oppure di parlanti la lingua toscana” (p. 40). Le sorprese maggiori (vedere, per credere, le pur meritorie edizioni di Cecil Grayson, del 1970 e del 1975) si concentrano però nella restituzione del testo, che presuppone una continua, delicata, e tuttavia molto razionale, distinzione tra più redazioni d’autore, che si intravvedono a prezzo di sottilissimi, faticosi confronti, e innumerevoli varianti casuali, di origine più modesta: quelle tipiche di ogni tradizione manoscritta non costituita da autografi.
Data recensione: 01/05/2012
Testata Giornalistica: 451
Autore: Paolo Trovato