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Mario Ruffini, discepoli di Luigi Dellapiccola del quale ha sempre lodato, fra le preziose qualità creative, la miracolosa esattezza nell’individuazione del suono e nella

Mario Ruffini, discepoli di Luigi Dellapiccola del quale ha sempre lodato, fra le preziose qualità creative, la miracolosa esattezza nell’individuazione del suono e nella scrittura, è a sua volta maestro di esatte ricerche, di esatti giudizi e di esatte parole.
Questo vale per il suo lavoro di compositore, del quale qui non ci occupiamo, e per i suoi scritti musicologici (il vastissimo e perfetto catalogo del lascito di Dallapiccola, la dettagliata e impeccabile ricerca sui teatri d’opera italiani...) e saggistici, come quest’ultimo libro veloce e tutto in tensione, concentrato sui tratti simbolici, segreti a talora cifrati dalla scrittura musicale di Johann Sebastian Bach. Il pianista Ramin Bahrami, che dedica la propria prefazione a «a Mario Ruffini, fratello di Bach», sottolinea i molteplici intenti del libro, che è certamente una guida alla comprensione dell’arte-scienza di Bach e alla complessità del «genio speculativo geometrico e architettonico», ma anche un manuale per chi voglia addentrarsi nei significati segreti delle invenzioni bachiane, o persino un invito, rivolto ai lettori, a scoprire personalmente altri enigmi mascherati avvolti dalla sapienza della polifonia e del contrappunto, e rivestiti dal fascino e dalla nobiltà del suono che si fa visione, e del tempo che si fa spazio (come suggerisce Gurnemanz a Parsifal nell’ultimo “Musikdrama” wagneriano).
Il libro è in apparenza agile, sottile. In realtà, è fittissimo di conoscenze, di dettagli come al solito esattissimi e verificati al microscopio, di ipotesi, di definizioni illuminate “da dentro”. Suscita curiosità e sorprese, accende entusiasmi e trascina con energia, ma subito ne “raffredda” il calore invitando sempre il lettore a esercitare la ragione, che è in prevalenza una “ratio” matematica.
Abbiamo lo spazio sufficiente a richiamare due esempi. Il primo riguarda una celebre immagine, riprodotta anche sulla copertina del volume: il dipinto, databile al 1746 ossia a quattro anni prima della morte di Bach, di Elias Gottlob Haussmann (1698-1774). vi è ritratto il Kantor della Thomaskirche di Lipsia, l’autore dell’Arte della Fuga e della Matthäus-Passion, che tiene con la mano destra, e quasi lo mostra intenzionalmente rendendolo leggibile, il foglio iniziale (con il titolo) del Canon Triplex a 6 voci BWV 1076.
Quale il significato, o, meglio, l’intenzione? Ruffini entra nell’enigma di quel Canon, trattandone in tre dei box tematici che occupano la seconda sezione del libro un altro dettaglio, che nell’analisi di Ruffini si rivela clamoroso, è l’ossessiva presenza del numero 14 ricorrente sia nella biografia sia nell’opera di Bach, talvolta per un gioco di coincidenze e di casualità, altre volte per deliberata scelta del compositore. Al percorso in questo mistero numerologico è riservato il II capitolo del libro, che colpirà certo il lettore per le sconcertanti sorprese a lui offerte.
Data recensione: 25/03/2012
Testata Giornalistica: Il Sole 24 Ore
Autore: Quirino Principe