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Proprio in questi giorni a Firenze è stata costiuita dall’Uisp una lega provinciale dei giochi e degli sport tradizionali nel tentativo di far sopravvivere o comunque di tramandare quelle

Il successo del curling alle Olimpiadi ci ricorda i semplici divertimenti di una volta

Proprio in questi giorni a Firenze è stata costiuita dall’Uisp una lega provinciale dei giochi e degli sport tradizionali nel tentativo di far sopravvivere o comunque di tramandare quelle occasioni di divertimento e di aggregazione che - per la strada, sui marciapiedi, negli spiazzi liberi della periferia - sembrano essere state spazzate via dalle mode della società di oggi che vive come sappiamo soprattutto di videogame.
C’è anche, appena uscito, un libro che ci accompagna in questo itinerario di una ingenua nostalgia. “Giocavamo a schioccapalle”, edito da Polistampa (200 pagine, 12 euro) scritto da Tiziana Vivarelli in base alle narrazioni di Vittoriano Innocenti, che ha poco più di sessant’anni vissuti in mezzo ai bambini: prima come autista di scuolabus, poi, una volta in pensione, come conduttore del laboratorio di vecchi giochi alle elementari di Serravalle Pistoiese e al laboratorio del giocattolo nel Museo della Gente a Rivoreta.
I giochi di casa, soprattutto per i figli dei benestanti, si trovavano anche allora nei negozi di balocchi, dal meccano al treno elettrico, dai sottomarini di legno che sparavano siluri alle navi con le eliche caricate a molla, ma i più divertenti erano i giochi da strada, dove non solo c’era l’aggregazione con i compagni in libera uscita ma qualsiasi oggetto o residuato o strumento offerto dalla natura diventava, con l’aiuto dell’ingegno e della fantasia, utile per giocare. Schioccapalle, ad esempio, cos’era mai? Era un’arma praticamente ad aria compressa: in un cilindro di legno di sambuco scorreva uno stantuffo di castagno (ecco la ricerca nella natura) che faceva partire olive e coccole di alloro usate come proiettili.
C’erano anche dei giochi da fare di nascosto, in luoghi solitari, spesso vicino ai ruscelli, per pudore di occhiate strane. Come la “zillata” che consisteva semplicemente nel mettersi in riga e fare pipì tutti insieme: vinceva ovviamente il lancio più lungo.
Poi via a mosca cieca, rimpiattino, lo sculaccione. e quando arrivava la penitenza magari c’era l’occasione dei primi contatti, pieni di illusioni e di fantasia, con qualche compagno di giochi dell’altro sesso. Un bacio, con le gote rosse, che più casto non si può.
Data recensione: 03/03/2006
Testata Giornalistica: Metropoli
Autore: Sergio Di Battista