chiudi

Studioso di letteratura del Novecento (Rafael Alberti, Jorge Luis Borges, Luigi Pirandello e altri), Gabriel Cacho Millet, giornalista e scrittore argentino, si riporta sul suo principale oggetto di

Studioso di letteratura del Novecento (Rafael Alberti, Jorge Luis Borges, Luigi Pirandello e altri), Gabriel Cacho Millet, giornalista e scrittore argentino, si riporta sul suo principale oggetto di ricerca e d’analisi pubblicando una trentennale, diramatissima corrispondenza tra Dino Campana (1885-1932) e i suoi numerosi interlocutori, con preziosa presenza di inediti. «Ricostruire un carteggio è come edificare un tempio: pietra su pietra»: dice Millet nel prologo infatti, sulle lettere del poeta di Marradi, il folle, il maledetto, il visionario, il sovversivo autore dei Canti orfici, il saggista sudamericano era transitato più volte, dal ‘78 all’85 in edizioni tra “diplomatiche” e “critiche”, sempre eccellenti, sempre esaurienti. Ora, a fare il punto definitivo su missive, carte, documenti, autografi e testi di Campana, questo ingente volume viene a rappresentare l’ultima frontiera sui bollenti messaggi del poeta ai suoi vari destinatari (e responsive). Da un primo scritto di fine 1912 a un’adorabile creola conosciuta oltre oceano, assillata dichiarazione d’amore, il volume annovera l’inizio di un tormentato rapporto con Papini, un «truculento intellettuale», a suo dire. Che vive in un «focolaio di cancheri» fiorentini, che sono in realtà i redattori e i collaboratori di “Lacerba”. Be presto è la volta di Prezzolini, cui chiede ospitalità in qualità di «povero diavolo», di «spostato», di «sbattuto per il mondo». Dopo il tragico smarrimento dell’unica copia dei Canti, persi da Soffici durante un trasloco, per cui letteralmente s’imbestialisce minacciando letali pugnalate, è la volta di Cecchi, cui orgogliosamente affida il suo libro (riscritto a memoria e pubblicato nel ‘14) e la sua fama. Chiederà spazi e accoglienza a molti, a Serra, a Novaro: il primo, più sfortunato di lui, vittima nel ‘15 sul Podgora; l’altro, direttore della “Riviera Ligure”, che gli verrà più volte incontro da gran mecenate qual era. Poca udienza, invece, Campana avrà in genere con gli editori, «miserabili succhiatori del miglior sangue d’Italia». Strutturato in cinque parti, dopo il gran tesoro delle lettere, questo volume accoglie tre appendici (testimonianze, foto perdute e ritrovate, notizie sul poeta) e una a dir poco strepitosa iconografia. Govoni (con il quale si lamenterà per quella «modernità negata che papineggia peggio dei gas asfissianti»)e Bacchelli, Boine e Cardarelli e altri, ma ecco infine le tracce epistolari del grande, convulso amore con Sibilla Aleramo. Un legame colmo e perdente al tempo stesso, dato l’incoercibile carattere dei due, tra dedizione e dispetto, voluttà e violenza. Parallele alla ricchezza creativa dell’opera in versi, queste lettere sono la contestuale conferma della singolare eccezionalità della sorte di Dino Campana, uomo dalla felicità negata o perduta e poeta dalla calda e incantata visione della vita, mentre il mondo andava per tutt’altre geometrie di pensiero e di azione verso lo sfacelo.  
Data recensione: 18/02/2012
Testata Giornalistica: L’Avvenire
Autore: Claudio Toscani