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«Ci sono tredici generazioni di differenza tra me e il mio avo Francesco. Tredici gradi di separazione che non sono tanti, a ben guardare».

«Ci sono tredici generazioni di differenza tra me e il mio avo Francesco. Tredici gradi di separazione che non sono tanti, a ben guardare». Piero Guicciardini, architetto, discendente del più grande ingegno politico d’Italia (al pari di Machiavelli), parla dalla biblioteca che fu del suo avo, nel palazzo che appartiene alla famiglia da sette secoli, a due passi da Pitti e dal Ponte Vecchio. Come architetto ha curato l’allestimento della mostra che si apre oggi, sulle edizioni rarissime della Historia d’Italia. Come studio si occupa anche del progetto per l’ampliamento del museo dell’Opera del Duomo. «In questa biblioteca sono conservate — è l’incipit di Piero Guicciardini — oltre 120 edizioni della Historia d’Italia: dalla prima, pubblicata a Firenze nel 1561, all’ultima, l’edizione francese del 1996. Francesco Guicciardini è famoso per essere uno storico, ma all’epoca era un abilissimo politico. Ha avuto relazioni con re, imperatori, principi, papi. Nel nostro archivio familiare conserviamo lettere di Francesco I, Carlo V, di papa Clemente VII». Sono lettere che faranno parte della mostra?
«Non tutte: alcune sono missive confidenziali, amichevoli, direi. Ce n’è una che sarà un tassello dell’esposizione, di Giovanni dalle Bande Nere, con il soldato di ventura, per un periodo al comando del mio avo, che si lamenta delle condizioni dei soldati in battaglia».
Sembra la trama del film di Olmi, il mestiere delle armi…
«Non credo che Olmi abbia letto quella lettera. Giovanni dalle Bande Nere, padre di Cosimo I, morì per una ferita a una gamba. In quella missiva le tristi condizioni dei soldati di ventura sono raccontate chiaramente».
Ci sono anche le lettere con il suo amico-rivale Niccolò Machiavelli?
«Erano grandi amici, anche se Machiavelli era più vecchio di 15 anni. C’era un rapporto di stima. E tra la corrispondenza ci sono anche lettere in cui Machiavelli chiede a Francesco di andare a vedere una casa in campagna che lui aveva intenzione di acquistare».
Un bel giacimento di storia, la biblioteca di famiglia…
«È importante non solo come corpus librario, visto che contiene circa 12mila volumi, edizioni antiche dalla metà del Cinquecento al Novecento. Ma anche perché c’è di tutto: testi di poesia, letteratura, scienza, storia. Sedimentazioni di generazioni di Guicciardini, raccolte di saperi di cinque secoli».
C’è una frase del suo avo che ha contribuito alla sua formazione?
«È quella scritta sopra la libreria, ce l’ho sotto gli occhi da quando sono nato. Erra chi dice che le lettere guastano i cervelli degli uomini; perché è forse vero in chi l’ha debole, ma dove lo trovano buono lo fanno perfetto».
Personalmente preferisco No havvi genio sine ibridatione…
«È passato alla storia per la difesa del particulare, il segreto delle azioni degli uomini. E fu anche il suo, visto che prima di accettare qualunque incarico, dal Papa o da un principe, si metteva d’accordo sul prezzo».
Che cosa scriverebbe oggi Francesco Guicciardini?
«Anche i suoi erano tempi brutti, difficili. Lui ha assistito al ‘sacco di Roma’ e ha sempre creduto in una rinascita dopo il disastro. La mostra è inserita nell’ambito delle celebrazioni per il 150° dell’unità d’Italia. Ed è anche un omaggio per sperare in una terza rinascita del Paese».  
Data recensione: 28/09/2011
Testata Giornalistica: QN - Il Resto del Carlino - La Nazione - Il Giorno
Autore: Pino Di Blasio