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Se Frederick Stibbert entrasse oggi nella villa di Montughi ci riconoscerebbe, persino nei dettagli, la casa-museo che fu il suo più ambizioso progetto. Perché dopo dieci anni di indagini e interventi finanziati dall’Ente Cassa,

Se Frederick Stibbert entrasse oggi nella villa di Montughi ci riconoscerebbe, persino nei dettagli, la casa-museo che fu il suo più ambizioso progetto. Perché dopo dieci anni di indagini e interventi finanziati dall’Ente Cassa, gli arredi tutti – quadri, mobili, oggetti: l’infinito parto di un collezionista ricchissimo e onnivoro, formatosi da autodidatta e cresciuto nel segno dell’Art and Crafts, di un amor fou per la storia, quella medievale in specie, e i viaggi – hanno ritrovato il loro posto originario, mentre gli onnipresenti affreschi sono stati, dove possibile, riportati alla vista. Lo Stibbert recupera così come lo aveva concepito il grande collezionista, l’intero primo piano, chiuso da quattro anni, con le undici stanze affacciate lungo la fuga dei due interminabili corridoi paralleli, fra cui la camera di Giulia, la madre di Frederick, lo studiolo, il salotto giallo e la neoclassica galleria Ademollo. «C’è voluta una lunga e accurata indagine – spiega Simona di Marco, senior curator del museo – per rintracciare gli arredi dispersi, secondo la consuetudine ormai in dismissione del deposito esterno, fra prefettura, scuole, uffici comunali e caserme, molti erano fuori dagli anni Trenta. Seguendo le annotazioni di Stibbert siamo stati in grado di riordinare gli ambienti con precisione e ora il museo è fruibile al cento per cento». Fra le celebri raccolte d’armi, gli arazzi, i quadri e i mobili, affollati, secondo il gusto dell’epoca, come a scongiurare un horror vacui e proclamare uno status d’alto profilo culturale, nella villa che per tutta la vita di Stibbert adulto fu una sorta di “eterno cantiere”, nel quale profuse febbrile ingegno e patrimonio inesauribile, un posto importante spetta alla collezione di maioliche, altra grande passione dell’anglobecero. In onore alla quale gli Amici di Doccia hanno concepito la mostra curata da Oliva Rucellai e Livia Frescobaldi Malenchini che, da domani al 15 aprile 2012, espone un centinaio di preziosi pezzi delle manifatture Ginori di Doccia e Cantagalli, del cui titolare Ulisse Stibbert fu mecenate e amico. Il Risorgimento della maiolica italiana (lun-merc 10-14; ven-dom 10-18; 055/2340742, bel catalogo Polistampa) presenta vasi, piatti, sedili, vasche, lastre, fiasche, coppe, giunti da importanti musei inglesi e francesi, dal Bargello, da Doccia e dalla raccolta Stibbert, che dichiarano anch’essi il gusto di un’epoca: da una parte il ritorno del Rinascimento, che incarnava l’ideale di un mondo alto e spirituale di contro al materialismo dominante della Rivoluzione industriale, dall’altra l’irrompere – come d’altronde lungo l’Ottocento avvenne anche nelle “arti maggiori” – di soggetti quotidiani, come volti e vedute.  
Data recensione: 29/09/2011
Testata Giornalistica: La Repubblica
Autore: Paolo Russo